L'Editoriale

Poche idee ma confuse

Poche idee ma confuse

Donald Trump annuncia dazi fino al 104% contro la Cina e conferma il 20% su tutta l’Europa. La Commissione europea risponde con una mano tesa e l’altra che fruga nella fondina, ma senza mai estrarre la pistola. Si parla di “bazooka” commerciale, ma per ora resta scarico. Si invoca l’Anti-Coercion Instrument, si evocano ritorsioni da 22 miliardi, poi si cerca un compromesso “zero per zero” sulle tariffe industriali. Come se Trump volesse sedersi a un tavolo.

Intanto Bruxelles telefona a Pechino per chiedere aiuto a tracciare le merci cinesi dirottate verso l’Europa. Ursula von der Leyen chiede “responsabilità comune” a un partner che ha sovvenzionato acciaio e batterie per un decennio. Mentre i ministri europei si dividono tra falchi e colombe, la crisi fa già danni: mercati giù, rischio recessione, e tra poco toccherà alle fabbriche. Nel cortocircuito tra ideologia e interessi, l’Europa si scopre fragile: l’Italia frena per non disturbare Trump, la Germania esita, la Spagna prova a tenere insieme tutto. Ma una cosa è chiara: non c’è un piano. Solo poche idee e ben confuse.

Nel silenzio, le destre europee si aggrappano ancora all’illusione del trumpismo. Ma questa è la resa dei conti: o si rompe l’incantesimo, o si finirà sotto le macerie. E mentre Trump brandisce l’arma del caos, l’Unione europea si illude di difendersi con un comunicato stampa. Si moltiplicano i vertici, si evocano scenari “proporzionati”, si rinviano le decisioni: intanto il conto lo pagano le imprese, i lavoratori e la credibilità dell’Europa.