Sul Riformista, il giornale diretto da Piero Sansonetti – a proposito: auguri per essere diventato proprio ieri papà – l’ex magistrato Tiziana Maiolo con un ardito sillogismo mi ha attribuito il seguente giudizio: il dott. Nino Di Matteo sta con la mafia. Nientepopodimeno! Tale conclusione partiva da una mia accesa discussione (guarda il video) con Massimo Giletti nell’ultima puntata della trasmissione Non è l’arena de La7. Il ragionamento voleva dimostrare un vulnus di quello che viene definito giustizialismo, e cioè l’inevitabile escalation del più puro che ti epura, e dunque la successiva guerra per bande anche tra eccellenti servitori dello Stato come Di Matteo e il neo pensionato dott. Davigo, così come tra i giornalisti antimafia.
In realtà, però, mai e poi mai ho detto o solo pensato che Di Matteo stia con la mafia. E al contrario della conclusione per cui non si va da nessuna parte con il giustizialismo – che io invece chiamerei solo rispetto della Legge – ho avvisato che si va dalla parte dei clan dividendo il fronte che combatte le cosche. Ringrazio pertanto la dottoressa Maiolo per avermi definito “giornalista antimafia”, ma credo che ogni giornalista professionalmente corretto, così come ogni onesto cittadino, sia “antimafia”, tanto che sempre nella stessa trasmissione ho detto che io, Giletti, Bonafede, Di Matteo o l’ex direttore del Dap Basentini non possiamo che essere tutti dalla stessa parte della barricata.
Perciò, a mio modo di vedere, Giletti fa un errore continuando a riproporre all’infinito la querelle sulla legittima scelta del ministro Bonafede di non attribuire a Di Matteo la direzione del Dap in cambio di un’altra cosa, poiché tale telenovelas mostra una pericolosa e insanabile divisione nelle istituzioni, e così facendo rafforza la mafia e crea un rischio. Nella mia passata esperienza di cronista di “nera” in Sicilia ho maturato infatti l’esatta percezione di quanto sia necessario non inviare mai segnali sbagliati, mostrando “isolati” gli uomini delle istituzioni. Un errore che lo Stato e il sistema mediatico hanno fatto con Dalla Chiesa e Falcone. E anche se la stagione delle stragi è finita e tutto sembra spento sotto la cenere, impariamo per favore da quegli sbagli.