Vittimismo e aggressività: è questa la cifra stilistica di Giorgia Meloni. La contraddistingue da sempre ma la tragedia è che questo suo modo di raccontarsi al mondo se poteva andare bene quando era all’opposizione, e parlava da capetta di partito, stride ora terribilmente col suo ruolo istituzionale di capo di governo.
Lei continua, nonostante tutto, a comportarsi come fosse la leader di una piccola formazione di opposizione. Parla alla propria comunità e si scaglia contro i suoi nemici che sono tutto il resto del Paese che non sia il suo partito e gli alleati.
Ma anche su questi ultimi bisognerebbe andar piano, considerando che continuano a sfilarsi dalla ragnatela meloniana, con la Lega che scappa sempre più a destra e Forza Italia verso il centro. Meloni, dicevamo, continua con il suo piagnisteo su presunti complotti.
Questa volta a essere presa di mira sarebbe la sorella Arianna, su cui, secondo il quotidiano Il Giornale, amico della premier e di proprietà di un parlamentare eletto con la Lega, sarebbe pronta un’indagine per traffico di influenze sulle nomine pubbliche.
L’ossessione di Meloni per i complotti
Ma il vero obiettivo, ha frignato la Meloni con i suoi, sarebbero lei e il suo governo. Non è la prima volta. Emblematico fu il piagnisteo vittimistico che Meloni consegnò in un videomessaggio alla kermesse di FdI organizzata per celebrare un anno di governo nell’ottobre dello scorso anno.
“Noi siamo il nemico da abbattere perché noi siamo uno specchio, uno specchio della loro meschinità. Se noi riusciamo tutta questa gente dovrà fare i conti con la propria coscienza – spiegò la premier -. La cattiveria e i metodi che usano per indebolirci hanno raggiunto vette mai viste prima”.
A chi mai si rivolgesse la presidente del consiglio non è mai stato possibile sapere. Appena qualche mese dopo il suo fedelissimo ministro Guido Crosetto disse in un’intervista al Corriere della Sera che “l’unico grande pericolo” per la continuità dell’esecutivo “è quello di chi si sente fazione antagonista da sempre e che ha sempre affossato i governi di centrodestra: l’opposizione giudiziaria”.
Toni e argomentazioni berlusconiani che non a caso ritornano ora che Giorgia Meloni è scesa in campo per difendere la sorella, ovvero sé stessa. Ma difendere da cosa? E da chi? I meloniani parlano di poteri forti, il Giornale fa riferimento a un intreccio di sinistra-giornali- toghe.
Per ora siamo solo al fumus persecutionis. Peccato che a soffiarlo sia la premier. Viene lecito chiedersi allora: perché tutto questo? Se c’è una coalizione terribilmente divisa e conflittuale, che poi certo si ricompatta in nome del potere, è questa di destra-centro.
I fronti aperti in maggioranza, dalla Rai alle carceri
Ebbene, mai come ora gli alleati della maggioranza stanno litigando. Praticamente su tutto: Rai, balneari, giustizia, legge sulla cittadinanza. Tutti nodi che verranno al pettine il 30 agosto, durante il vertice tra i leader: Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani.
Il nervosismo monta e si capisce perché. I problemi cui far fronte sono tanti e non si dimentichi nell’elenco la Manovra alle porte, con le scarsissime risorse a disposizione.
Allora quale miglior motivo per depistare l’opinione pubblica dai litigi in corso nella maggioranza di gridare “al lupo, al lupo”, inventandosi fantomatici nemici che tramano per far cadere il governo e dunque spingere gli alleati a ricompattarsi per bramosia di potere?
Sulla Rai è stato tutto rinviato a settembre, dopo giorni di liti sulle nomine dei vertici, che Salvini contesta. Sui balneari il governo ha capito che le gare non sono più rinviabili all’infinito, pena il ricorso da parte della Commissione europea alla Corte di giustizia. Anche in questo caso la Lega dovrà farsene una ragione.
Sull’emergenza carceri, se il ministro Carlo Nordio ha aperto a soluzioni alternative alla detenzione contro il sovraffollamento delle carceri, come insiste Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega sono contrarie a quello che considerano un colpo di spugna.
Sulle nuove norme per la cittadinanza agli stranieri, Forza Italia continua a condurre in solitaria la sua battaglia e anche qui meloniani e leghisti le danno addosso.
E poi c’è la Manovra, appunto, con Giancarlo Giorgetti poco incline a soddisfare gli appetiti elettorali dei vari partiti. Anche perché la coperta è corta, anzi cortissima.
Toghe in allarme
Ma la battaglia di Meloni contro i mulini al vento scatena anche la preoccupazione dei magistrati. Col pericoloso cortocircuito tra i poteri dello Stato che questo governo, con le sue riforme minacciose, dall’Autonomia al premierato, ha creato.
Le toghe sono rimaste spiazzate dal caso su Arianna Meloni. L’Anm parla di ennesimo attacco alla magistratura e di “esercizio pericoloso”. “Ero inizialmente convinto che stesse scherzando”. Così a Repubblica ha detto invece l’ex magistrato Armando Spataro.
L’ipotesi che si tratti di un complotto, afferma, “non sta né in cielo né in terra e bisogna avere la serietà di evitare simili richiami perché è come far ricorso alla teoria del ‘non si può escludere che…’, che autorizza a pensare che possono volare anche gli elefanti”. Ma ora a Giorgia fa comodo pensare che gli elefanti spicchino il volo.