Diciannove morti in tre giorni di terrore in Francia. Ma è un errore illudersi che sia finita. Non solo perché la complice di uno dei killer ci ha pensato bene prima di fare la martire, e non solo perché gli assassini in nome di Allah hanno goduto di una rete di protezione che li ha finanziati, armati e addestrati. Rete che è ancora tutta da scoprire. L’attentato a Charlie Hebdo è un segnale chiaro all’Occidente: la strategia del fondamentalismo islamico è cambiata. Non ci si accontenta più di mettere su internet i video di qualche disgraziato con la gola mozzata, ma si riporta la guerra in casa nostra. E lo si fa attivando i fanatici già presenti nei Paesi da colpire, dall’Australia all’Europa. L’informativa dei servizi algerini, tragicamente sottovalutata dalle autorità di Parigi, avvertiva di un imminente attentato. E c’è la prova che uno dei due autori della strage nel settimanale satirico era in contatto con i terroristi yemeniti. Non c’è dunque tempo da perdere. Rafforzare l’intelligence è una priorità. E se l’Europa ci impedirà di farlo, impedendoci di spendere, mandiamo a Bruxelles l’Isis e al-Qaeda.
L'Editoriale