Il suo primo interesse è apparire “forte”. La forza per Giorgia Meloni è sinonimo di autorevolezza, di credibilità, di capacità di comando. Nessuna apertura, nessuno spiraglio. Lo capì subito Silvio Berlusconi che su un foglio al Senato si appuntò: “Un comportamento supponente, prepotente, arrogante, offensivo, ridicolo. Nessuna disponibilità ai cambiamenti, è una con cui non si può andare d’accordo”. La presidente del Consiglio forzò con l’alleato per avere La Russa a capo del Senato. Vinse anche quella battaglia.
Meloni la forte ha esibito la sua durezza con molti. Ha affrontato a muso duro i giornalisti alla prima conferenza stampa, ha rotto con i giovani (che lei stessa aveva invitato al dissenso) nel giro di pochi mesi, ha instaurato un clima di revanscismo nei confronti di chi non appartiene alla sua fazione. Ma soprattutto la presidente del Consiglio ha schiacciato i suoi alleati di governo e i suoi ministri. Tajani oscurato sul caso Sala, Nordio richiamato all’ordine, Salvini ormai all’angolo.
La forte Meloni è stata sempre morbida, morbidissima con Daniela Santanchè. Nonostante l’invisibilità politica della sua ministra – nota più da viveur che da politica – la presidente del Consiglio ha voluto trascinare il salvataggio. Così le grane imprenditoriali e gli insuccessi (quelli già certificati) di Santanchè oggi sono inevitabilmente un elemento politico. Ora Meloni “la forte” è a un bivio: contraddirsi o mollare l’amica ministra. In entrambi i casi una brutta figura.