Tu sei buono e ti tirano le pietre cantava Antoine in un vecchio successo degli anni sessanta. A Mattarella invece solo applausi, qualunque cosa dicesse. Quarantadue interruzioni in mezz’ora, a fronte di molte considerazioni talmente sacrosante da scivolare sinceramente nella banalità. L’immagine di normalizzazione, al confine con la più fastidiosa adulazione, che ci trasmette questo Parlamento ci dà il senso dell’angolo in cui è finita la politica italiana. Sarà proprio da qui che Mattarella, personaggio tutt’altro che banale, dovrà partire per dare concretezza alle belle suggestioni del suo discorso di insediamento. Nel nuovo modello costituzionale, con una sola Camera legislativa e un sistema privo dei contrappesi delle Repubbliche presidenziali, il Parlamento non può essere un luogo di plateale asservimento all’esecutivo. Perché gli applausi di ieri erano diretti a Mattarella affinché li sentisse Renzi, il vero stratega della campagna per il Quirinale. Starà al nuovo presidente dimostrare di saper fare l’arbitro e incidere nella politica nazionale favorendo quella pacificazione tra destra e sinistra che ha avvelenato l’aria nel Paese. Allora sì che l’applauso sarà meritato.
L'Editoriale