Da una parte ci si azzanna su tutte le candidature. Dall’altra pure. La differenza? È che da una parte si metteranno d’accordo, simulando un’unità che non c’è, mentre dall’altra il campo largo si sfascerà, di nuovo. I balletti delle ultime ore sui candidati per le elezioni regionali, in Liguria e in Veneto, sembrano replicare un modello costante, basato sulla divisione delle poltrone.
Ognuno, a destra, scalpita per una presidenza in più. Mentre a sinistra ci si batte sui principi e su una coalizione più o meno larga e più o meno inclusiva. Il risultato, c’è da giurare, non sarà lo stesso. E qualche avvisaglia già è arrivata in Liguria, dove il 5 Stelle Luca Pirondini ha confermato la sua candidatura mentre il dem Andrea Orlando è pronto a tirarsi indietro in caso di mancata convergenza totale sul suo nome. Certo, pesa l’ingresso di Italia Viva nella coalizione, non ben vista da parte degli alleati. Ma il rischio è che la frattura resti, con più di un candidato.
A destra, invece, ci si scanna. Ma probabilmente alla fine una soluzione unitaria si troverà. Forse sul nome di Ilaria Cavo, deputata in quota Noi Moderati che potrebbe andar bene a Fratelli d’Italia. Così come in Veneto, dove è guerra aperta con il passo in avanti di Flavio Tosi, che si candida per Forza Italia. Meloni vuole la Regione, e forse l’avrà. Ma per riuscirci dovrà convincere gli alleati. Che, al contrario di quanto avviene a sinistra, alla fine ingoieranno il rospo. Perché da quelle parti l’importante è vincere, non importa come.