Si tratta chiaramente di una norma manifesto, dagli effetti microscopici sulle finanze pubbliche ma di sicuro impatto sull’opinione pubblica. Tagliare i vitalizi ai parlamentari condannati è un provvedimento talmente sacrosanto da non aver bisogno – in un Paese normale – di alcuna argomentazione. Questo però è il Paese degli azzeccagarbugli e dunque con la scusa del procedimento abbiamo sentito difendere l’indifendibile. E non è detto che la strada scelta dai presidenti Grasso e Boldrini alla fine non spunti nel solito divieto di legittimità costituzionale. Per questo affermare il principio non può bastare. Fermarsi qui significherebbe infatti dare ragione a chi vede in questo stop alle pensioni dei condannati solo una grattatina di pancia all’antipolitica in vista delle elezioni regionali. Se il tradimento del patto di lealtà con lo Stato è un motivo sufficiente per togliere il vitalizio a deputati e senatori, a maggior ragione dunque deve esserlo per cancellare lo stesso privilegio ai consiglieri regionali con il medesimo genere di reati passati in giudicato. Non basterà a dimostrare che la politica ha cambiato passo, ma il segnale che ci vuol provare sarà più forte e chiaro.
L'Editoriale