Il nuovo Messia della politica italiana si chiama Raffaele Cantone. Come i cristiani a Pasqua attendono il Signore, allo stesso modo non c’è ministro o leader di partito che non invochi il Commissario Anticorruzione. L’ultimo in ordine di apparizione è il neo responsabile dei lavori Pubblici, Graziano Delrio, che non ha fatto in tempo a scendere dalla bicicletta con cui si è presentato al ministero e si è già messo sotto la protezione del magistrato. La resa della politica, che sa perfettamente di non poter più dominare il sistema di regole bizantino degli appalti, e a scanso di brutte sorprese si auto-deresponsabilizza. Un errore di prospettiva, dettato dalla percezione che il malaffare è dappertutto, col risultato di mettere l’anima in pace a chi governa risparmiandogli la fatica di riformare codici e burocrazia. È proprio dentro questo labirinto che si nasconde la corruzione e neppure un professionista capace come Cantone potrà mai stanare tutti i furbi pronti ad approfittare di un tale groviglio di norme. Così con i suoi pochi mezzi il commissario rischia di diventare una foglia di fico dietro il quale uno Stato arraffone continuerà a nascondere le sue vergogne.
L'Editoriale