È andata male a coloro che confidavano in una veloce immersione della notizia. Non hanno fatto in tempo a placarsi le polemiche e Israele l’ha fatto nuovo. Le basi italiane della missione Unifil nel sud del Libano sono state nuovamente prese di mira dall’esercito israeliano. Secondo qualificate fonti di sicurezza che seguono il dossier e sono in contatto con i vertici della missione dell’Onu, l’attacco è avvenuto alla base 1-31 – già colpita nei giorni scorsi – e sono stati abbattuti due muri di demarcazione della base. A questo si aggiungono due soldati Unifil feriti in due esplosioni.
Ora che a rischiare la pelle ci sono i nostri soldati il ministro Crosetto e gli uomini di maggioranza hanno deciso di rinnamorarsi del diritto internazionale. L’esercito di Netanyahu fa quello che gi viene benissimo in tempo di guerra: mente. Nelle ultime 48 ore ha detto di avere colpito la base dei caschi blu perché da quelle parti si anniderebbero i terroristi. Poi ha spiegato alla comunità internazionale di avere compiuto un “errore”. Poi ha vivacemente consigliato all’Onu di lasciare il sud del Libano per avere mano libera.
L’Idf, il braccio armato del premier israeliano Netanyahu, ritiene il diritto internazionale e la salvaguardia delle vite umane una fastidiosa burocrazia che rallenta la loro vendetta travestita da legittima difesa. Così mentre il Medio Oriente è in fiamme anche ai più sfegatati bellicisti viene il dubbio che la guerra sia pericolosa per quelli che la subiscono, più di quelli che la fanno.