Cinquanta anni di sogni e povertà mischiati in un cocktail perfetto, come giusto a Cuba sanno fare bene. Ideali, socialismo e rivoluzione avevano illuso un popolo a tal punto da fargli credere di avere la pancia piena quando invece si stringeva la cinghia. Prima o poi dunque doveva accadere, e anche quest’altro muro è stato sgretolato dal capitalismo. Se l’Unione sovietica ci sembra preistoria, L’Avana era rimasta un parco giurassico, come testimoniano quei relitti di automobile anni cinquanta che ancora circolano nel Paese. Un bellissimo parco, che rischia di saldare un altro conto a quello stesso capitalismo che oggi tende la mano offrendo la fine dell’embargo economico. Cuba in oltre cinquanta anni di castrismo ha perso risorse immense. Non ha sviluppato quasi nulla quanto poteva, dal turismo al commercio dei suoi preziosi sigari. Siamo di fronte quindi a una terra delle opportunità, il bengodi per tutti gli speculatori del pianeta. Aver sognato tanto a lungo l’utopia socialista minaccia di trasformare il risveglio in un incubo. Un altro prezzo che i cubani non meritano di pagare.
L'Editoriale