Ce ne ha fatte di tutti colori, ma tagliare i ponti con l’Europa, come ha cominciato a fare la Meloni, oggi più che mai è una gigantesca fesseria. Dagli impegni economici alla guerra dietro l’angolo, fino ai migranti e altri mille aspetti commerciali, siamo vincolati ad abitare in questo condominio, pure se qualche vicino non ci piace o è litigioso.
Certo, possiamo offrirci come ultima colonia degli Usa o della Cina, se non come sponda ricca dell’Africa, ma dai primi non speriamo che ci paghino i debiti, mentre il continente al di là del Mediterraneo ha più debiti di noi, e fiumi di migranti che non potremmo accogliere tutti. Per questo gli accordi con Bruxelles per gestire gli sbarchi sono faticosi, e però senza alternativa, se non negli slogan della propaganda, a partire dalla balla del blocco navale.
Dunque, rompendo gli accordi in essere con la Francia, e poi di conseguenza con gli altri Stati che hanno accettato la redistribuzione degli immigrati, in poche settimane il nostro governo non saprà più dove mettere queste persone, o il “carico residuale” delle navi Ong, come le ha definite con straordinaria umanità il ministro Piantedosi.
Così, in meno di un mese di governo siamo già a un bivio. La premier e Salvini hanno il problema di non farsi scavalcare l’una dall’altro su chi fa la faccia più cattiva con questi disperati, ma la bandierina della lotta all’immigrazione piazzata con iniziative sconclusionate e muscolari ci sta pericolosamente isolando dagli unici partner in grado di aiutarci. E questa più che una partita tra le destre è un dramma per tutti noi.