Se non ci fosse da piangere sarebbe tutta da ridere l’ultima accusa del candidato dem al Comune di Roma, Roberto Gualtieri, contro la Raggi. Secondo l’ex ministro dell’Economia, la sindaca non è riuscita a sfrattare l’associazione di destra CasaPound dallo stabile che occupa abusivamente nel cuore della città. Ma un’amministrazione locale da sola non può sgomberare niente, e quando la Raggi fece tutto il possibile, assediando il palazzo con i vigili e buttando giù le insegne, Gualtieri non c’era.
Una latitanza non banale, quasi un segnale, in quanto l’edificio è di proprietà di quello che all’epoca era proprio il suo ministero. Così il candidato del Pd ha messo in luce l’incompetenza su cosa un sindaco può o non può fare, ma anche la sua assenza in una faccenda che lo riguardava direttamente, e che era emblematica del ripristino della legalità nella Capitale.
Tutto il contrario della Raggi, che ci ha sempre messo la faccia, anche quando si riuscì a demolire le ville del clan Casamonica, col benestare della Regione e dei ministeri interessati, tanto che Salvini non mancò di farsi immortalare in posa sulla ruspa. E dire che a Roma l’illegalità nella cosa pubblica resta un problema grave.
Anzi, drammatico. Proprio ieri il dirigente scelto dalla Raggi per gestire il verde cittadino si è trovato una bomba nell’automobile. Un’intimidazione che segue diversi avvertimenti dello stesso tenore (le pallottole, il cane ucciso, ecc.) e che testimonia il clima infernale con il quale la sindaca si è dovuta confrontare. Mentre Gualtieri stava altrove.
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