Non serviva la palla di vetro per capire che, alla fine, il caso Almasri avrebbe avuto altri strascichi. E che la mancata osservanza dell’ordine di cattura emesso dalla Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti del torturatore libico non si sarebbe sgonfiata tanto facilmente. Sulla scarcerazione, decisa dalla Corte d’Appello di Roma in assenza della richiesta del governo – e che il Guardasigilli Nordio avrebbe potuto impedire se non fosse rimasto inerte – e il successivo rimpatrio del capo della polizia giudiziaria a Tripoli con un volo di Stato, la Cpi ha aperto un fascicolo in Camera preliminare per valutare l’ipotesi di mancata cooperazione da parte del nostro Paese nell’esecuzione del mandato spiccato dai giudici dell’Aja.
Il passo successivo potrebbe essere ora la richiesta di spiegazioni al governo, dalla cui risposta dipenderanno le decisioni finali dell’organismo sovranazionale. Che contemplano la possibilità di portare la questione all’esame dell’Assemblea degli Stati parte (cioè gli Stati aderenti allo Statuto di Roma che ha istituito la Corte penale internazionale) o al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Nel caso dell’Italia, dal momento che la Cpi ha giurisdizione anche sulla Libia, un’eventuale condanna per mancata collaborazione a carico del nostro Paese seguirebbe entrambi gli iter. Insomma, una vicenda gestita dal governo con disarmante dilettantismo, in una girandola di versioni contraddittorie, rischia ora di ingigantire ulteriormente la figuraccia internazionale alla quale l’esecutivo ci ha esposto con la sua condotta.
E non stupisce neppure che lo stesso governo che non si è fatto scrupoli a riconsegnare il torturatore Almasri alla Libia, continui a fare orecchie da mercante sulla vicenda della ministra Santanchè imputata per falso in bilancio, a rischio processo per truffa ai danni dell’Inps e indagata per bancarotta fraudolenta. Ieri durante il dibattito sulla mozione di sfiducia individuale presentata dai 5 Stelle, in aula alla Camera si sono visti solo un paio di ministri e una decina di esponenti di Fratelli d’Italia. Il partito che dopo averla difesa per mesi ha fatto scena muta in Parlamento. Segno che, in fondo, un po’ di vergogna anche a destra ogni tanto è di casa.