Dopo oltre due anni di guerra, cinquecentomila (dicasi cinquecentomila) morti e una nazione in ginocchio, ci sarebbe da ridere – se non ci fosse da piangere – a vedere il segretario di Stato Usa, Blinken, precipitarsi a Kiev per promettere a Zelensky un “impegno duraturo” nella guerra contro la Russia proprio mentre i servizi segreti ucraini ammettono di essere sull’orlo del baratro.
E per quante armi gli Stati Uniti e l’Occidente continueranno a fornire non ci sono più abbastanza soldati per puntarle contro l’esercito di Putin che continua ad avanzare inesorabilmente.
Ma se le truppe scarseggiano, gli affari vanno a gonfie vele. Secondo l’ultimo rapporto dell’Area Studi di Mediobanca, l’anno scorso la spesa globale per la Difesa ha toccato il massimo storico di 2.443 miliardi di dollari, pari al 2,3 per cento del Pil mondiale. Una cifra monstre di 6,7 miliardi di dollari al giorno, in aumento del 6,8 per cento rispetto al 2022, l’incremento più alto mai registrato dal 2009 ad oggi.
Una cuccagna per le 330 multinazionali monitorate dal rapporto e in particolare per le 30 aziende che hanno registrato ricavi superiori a 1,5 miliardi. Inutile dire che tra i maggiori beneficiari di questo gigantesco fiume di denaro figurano quindici industrie belliche battenti bandiera statunitense, dieci con sede nell’Unione Europea e le restanti cinque in Asia. Ora chiedetevi a chi conviene la guerra, chi ci guadagna e chi paga il conto. Poi datevi una risposta.