L'Editoriale

Cosa insegna l’inchiesta su San Siro

Cosa insegna l’inchiesta su San Siro

L’inchiesta della Procura di Milano che ha decapitato i vertici delle curve di Inter e Milan fa discutere tifosi, politici, addetti ai lavori. Ma l’opera dei pm deve aprire una riflessione più ampia. Che riguarda sì la legalità del calcio, ma non di quello giocato. Riguarda infatti il ruolo dei due club milanesi e gli interessi della ‘ndrangheta. Dagli atti e dalle dichiarazioni degli inquirenti (“i club non erano conniventi con gli ultras, ma ne erano soggiogati”, “con atteggiamenti altalenanti tra l’agevolazione colposa e la sudditanza”), si capisce che i vertici di Inter e Milan per anni hanno tollerato e reso possibili le attività illegali dei loro “tifosi”. Hanno girato la testa e non hanno mai denunciato quanto stava accadendo a casa loro (che poi casa loro non è, perché San Siro è dei milanesi, non dei due fondi di investimento che lo hanno messo nel mirino).

Quindi la domanda è semplice: se Milan e Inter non hanno saputo dire di “no” ai ricatti degli ultras sull’“ordinario malaffare”, cosa potrebbe accadere se dovessero costruire il nuovo stadio di San Siro, un’opera da quasi un miliardo di euro? Avrebbero la forza di impedire e denunciare possibili infiltrazioni della ‘Ndrangheta nel maxi cantiere, dal momento che non sono riusciti a tenere fuori i traffici nemmeno dalla vendita di magliette e bibite? Quesiti ancora più preoccupanti se si considera che il nuovo Meazza sarebbe un’opera costruita da privati, non soggetta cioè ai protocolli di legalità elaborati da Expo in poi per evitare le infiltrazioni mafiose. Il sindaco Sala, il quale con tempismo da Guinness il giorno dopo la retata è riuscito a dire che “gli piacerebbe se si riuscisse a devolvere i soldi ricavati dalla vendita di San Siro a Milan e Inter per la costruzione di case popolari”, farebbe bene a tenerlo a mente. Evidentemente non sapeva – ma ora di certo lo sa anche lui – che il rampollo dei Bellocco, Andrea, era “salito” dalla Calabria per “curare gli affari” e che l’amico di Salvini, Lucci, è assai vicino ai clan Barbaro e Zappia. Tutta gente che ha sempre voluto il nuovo stadio. Chissà perché…