L'Editoriale

Compleanno con fuga dalle domande

La premier vanta di aver protetto i vulnerabili e parla di record per la Sanità. I numeri però dicono ben altro

Compleanno con fuga dalle domande

E’ da lunedì sera che inonda i social e la stampa di slides, video e messaggi celebrativi dei trionfi del governo, a due anni compiuti, ieri, dal giuramento del suo governo. Ma la verità è che Giorgia Meloni, prima presidente donna del Consiglio, non ha il coraggio di presentarsi davanti ai cronisti. L’annunciata conferenza stampa di ieri è saltata.

La motivazione ufficiale è l’assenza del vicepremier, Antonio Tajani, impegnato in una riunione del G7. Ma è chiaro che i motivi sono altri e anche facilmente intuibili. Sono molti, troppi, i fronti su cui Meloni è in difficoltà e sui quali preferisce, evidentemente, evitare il confronto.

I fronti aperti e imbarazzanti di Giorgia

Si parte dalla Manovra. L’allungamento dei tempi per l’approdo della Legge di Bilancio in Parlamento è un dato di fatto e non meno importanti, e imbarazzanti, sono le modifiche che già si annunciano al testo. Difficile rispondere su un cantiere aperto.

Poi c’è il dossier spinosissimo dei migranti con la figuraccia rimediata dal governo che si è vista bocciare i suoi Cpr in Albania. E il tentativo di metterci una toppa, forse peggiore del buco, con la forzatura sulla lista per decreto dei Paesi sicuri.

Non ultimo c’è il durissimo scontro in atto con le toghe che quel dossier si porta dietro e che non può non allarmare il Quirinale.

Meglio affidarsi allora ai video-messaggi senza contraddittorio per celebrare i traguardi delle destre che promettevano di scrivere la storia del Paese.

Ma al di là della propaganda c’è poco, o meglio nulla, di vero tra quelle slides, quei video e quei messaggini.

Sono tante le fake news che saltano all’occhio in quelle slides e in quei video in cui il governo celebra “i due anni di risultati e traguardi per l’Italia”.

Dai poveri alla Sanità, le fake news del governo

“Abbiamo messo in sicurezza i conti dello Stato, difeso il potere d’acquisto delle famiglie, con particolare attenzione a quelle che avevano figli e ai gruppi più vulnerabili della nostra società. Abbiamo destinato alla sanità un livello di risorse che mai nessun governo aveva destinato in precedenza”, dice la premier. Ma i numeri, dall’Istat all’Inps, dicono ben altro.

Nel 2023, primo anno intero del governo Meloni che ha provveduto a smantellare il welfare state a partire dalla cancellazione del Reddito di cittadinanza, si sono contati quasi 6 milioni di “poveri assoluti”, esattamente 5,69 milioni di residenti.

I minori in condizioni di povertà sono arrivati a 1,29 milioni, un triste primato che non si toccava dal 2014. La probabilità di essere povero aumenta ovviamente se si è disoccupati ma aumenta anche se un lavoro ce l’hai e sei un operaio, un lavoratore dipendente, se vivi in una famiglia numerosa, se sei straniero e se vivi al Sud, benché anche al Nord stiano aumentando le famiglie in povertà.

Dal rapporto Istat, emerge che il disagio economico si aggrava per gli operai la cui quota in “povertà assoluta” è in continuo aumento. Le famiglie operaie in povertà nel 2023 hanno toccato il livello record di 16,5%, cioè un balzo di quasi due punti in più rispetto al 14,7% del 2022.

Ma il dato non stupisce considerando che la produzione industriale italiana ha segnato ad agosto il suo diciannovesimo mese di calo consecutivo mentre gli annunci di tagli, chiusure, cassa integrazioni, si susseguono con un bollettino senza pace.

L’occupazione cresce con salari da fame

Altro che record dell’occupazione di cui si riempie la bocca Meloni. Il tasso di occupazione italiano rimane comunque lontanissimo dalla media europea e comunque l’occupazione cresce ma con salari da fame.

Secondo l’Inps dal 2019 le retribuzioni hanno perso quasi il 10% del loro potere d’acquisto. Ma tutte queste cifre e queste evidenze non riescono a vincere la contrarietà del governo a una legge sul salario minimo legale.

In rapporto al Pil, tra il 2010 e il 2022 il Fondo sanitario nazionale ha oscillato tra un minimo del 6,31% (2022 – governo Draghi) e un massimo del 7,18% (2020 – governo Conte 2).

Con il “record della storia d’Italia” di cui parla Meloni – ha detto il dem Antonio Misiani – nel 2025-2026 si scenderà al 6,05%. Il minimo storico degli ultimi 15 anni.

L’Italia sorvegliata speciale in Europa

A livello internazionale Meloni è fedele esecutrice dei diktat di Washington e a livello europeo continua a essere guardata con sospetto dai big, dalla Germania alla Francia fino alla Spagna.

Per non parlare dell’inutile Piano Mattei che appare un guscio vuoto.

Sui trasporti è caos totale e unico pallino fisso del ministro e vicepremier che dovrebbe occuparsene, ovvero Matteo Salvini, continua a rimanere l’inutile e dispendioso, sia da un punto di vista ambientale che economico, Ponte sullo Stretto.

Le riforme che attentano alla Costituzione

Per non parlare delle riforme che attentano alla Costituzione. L’Autonomia differenziata scardina la Carta dal basso, il premierato dall’alto e sulla giustizia l’unico obiettivo pare essere quello di rendere più difficile la vita ai magistrati – dalla riforma sulla separazione delle carriere a quella sulle intercettazioni – e ai cronisti con le misure bavaglio.

E di recente il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha proposto anche per la magistratura di mettere mano alla Carta per perimetrarne meglio l’ambito rispetto a quello della politica.

Secondo un fact-cheking di Pagella politica il governo non è in regola neanche con i suoi elettori: deve ancora attuare l’80 per cento del suo programma.

“Il Pnrr ‘boccheggia’: quest’anno spenderemo meno della metà dei 44 miliardi previsti. E la messa in sicurezza del territorio è inesistente. Il Centrodestra festeggi pure, ma dal compleanno del governo Meloni al ‘requiem’ per l’Italia è un attimo”, dichiarano i parlamentari M5S delle commissioni Attività Produttive e Trasporti di Camera e Senato.