Come dice Julian Assange, “i giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il proprio lavoro”. Perché “il giornalismo non è un crimine”, ma “un pilastro di una società libera e informata”. Nella quale ai giornalisti compete una missione cruciale: “Essere degli attivisti per la verità”. Eppure, la vicenda personale del fondatore di WikiLeaks, tornato ieri a parlare in pubblico dopo la sua liberazione lo scorso giugno al termine di un lungo calvario giudiziario, è emblematica del pessimo stato di salute in cui versa oggi l’informazione. Non solo nei regimi autoritari come la Cina e la Russia, ma anche nella famigerata culla della democrazia. Quel mito del quale gli Stati Uniti si sono e sono stati insigniti per anni e che hanno irreparabilmente macchiato proprio con la persecuzione inflitta ad Assange per aver svelato gli inconfessabili segreti di un potere che si considera non solo legibus solutus ma anche al di sopra di ogni controllo.
Compreso quello che, in ogni democrazia degna di questo nome, compete all’opinione pubblica. Oggi l’Unione europea, che non si è certo distinta nella difesa del giornalista australiano, costretto a dichiararsi colpevole “di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale” per sottrarsi al vendicativo braccio della giustizia Usa, ha l’occasione di prendere le distanze da questo abuso di potere perpetrato dal suo storico alleato nei confronti di chi ha avuto la sola colpa di raccontare la verità. L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, infatti, voterà il rapporto della socialista islandese Thorhildur Sunna Aevarsdottir sulla detenzione e la condanna del fondatore di WikiLeaks. La posta in gioco, come ha detto Assange, va ben oltre il suo caso personale: “Se l’Europa vuole avere un futuro in cui la libertà di parola e la libertà di pubblicare la verità non siano privilegi riservati a pochi ma diritti garantiti a tutti, allora deve agire in modo che ciò che è accaduto nel mio caso non accada mai a nessun altro”. Un’occasione per riaffermare il valore della libertà di espressione e della libertà di stampa. Prima che sia troppo tardi.