Tra gli effetti della legge spacca-Italia ce n’è uno di cui si parla pochissimo. L’Autonomia regionale differenziata, pretesa dalla Lega e accordata da Fratelli d’Italia in cambio del premierato, ha infatti un frutto ancora più velenoso dei tagli al Fondo perequativo nazionale, e quindi all’inevitabile riduzione dei già minimi servizi pubblici al Sud. Tra le 23 competenze cedibili dallo Stato ce ne sono alcune che promettono subito un contenzioso tra le regioni.
Facciamo un esempio concreto con il trasporto dell’energia. Se il Veneto, da cui passa l’alta tensione proveniente dalla Francia verso tutta Italia, dovesse avere più bisogno di elettricità o litigasse con altre regioni, potrebbe spegnere l’interruttore e lasciare tutti al buio. Certo, la stessa norma Calderoli prevede i Lep, cioè dei criteri minimi delle prestazioni, ma l’esperienza della riforma del Titolo V della Costituzione ci ha già mostrato cos’è successo con la sanità e le venti risposte – ognuna in contrasto con l’altra – con cui i governatori hanno gestito il Covid.
Dunque, nella legge che corona il sogno di secessione del Carroccio c’è anche la disgregazione del resto del Paese, in un disegno che la penisola ha conosciuto benissimo fino al 1861, quando eravamo divisi in tanti staterelli e il cancelliere austriaco Metternich poteva definire l’Italia solo un’espressione geografica. Per i giochetti elettorali di due statisti alle vongole come Meloni e Salvini stiamo tornando a quell’epoca infelice. Seppellendo quella solidarietà tra regioni su cui poggia tutt’oggi il nostro sentirci Italia.