L'Editoriale

C’è un Orbán nella tana dell’Ursula

C’è un Orbán nella tana dell’Ursula

C’è un Orbán nella tana dell’Ursula

Nell’Unione Europea, il clima politico è elettrico. Con l’elezione di Roberta Metsola a Presidente del Parlamento Europeo e la corsa di Ursula von der Leyen per un secondo mandato alla guida della Commissione, i riflettori sono puntati su Bruxelles. A complicare ulteriormente la situazione c’è Viktor Orbán, il premier ungherese, che continua a sfidare i principi democratici dell’Ue, mettendo a dura prova la coesione dell’Unione. Roberta Metsola, esponente del Partito popolare europeo (Ppe), è stata rieletta presidente del Parlamento europeo, confermando il sostegno dei principali gruppi europeisti, inclusi i socialisti, i liberali di Renew e i Verdi.

Nonostante la sua giovane età, Metsola ha dimostrato una capacità di mediazione e una determinazione che le sono valse il rispetto e il sostegno trasversale. Tuttavia, la sua rielezione non è stata priva di sfide, con l’estrema sinistra che ha candidato Irene Montero di Podemos come alternativa simbolica. Parallelamente, Ursula von der Leyen si trova a dover fronteggiare un ambiente ostile per la sua riconferma. Il suo primo mandato, caratterizzato da un forte ego e da una leadership divisiva, ha lasciato numerosi strascichi. La sua tendenza al “divide et impera” ha alienato molti membri della Commissione, inclusi figure di spicco come Josep Borrell e Paolo Gentiloni, che hanno criticato apertamente il suo approccio autoritario.

Un episodio emblematico è stato il cosiddetto “PieperGate”: von der Leyen ha nominato Markus Pieper, un membro del Ppe, senza consultare i commissari competenti. Questa mossa ha suscitato forti reazioni di sfiducia, aggravando ulteriormente la sua posizione precaria. Il Parlamento Europeo ricorda ancora con disappunto il suo disprezzo per le discussioni parlamentari e la sua compiacenza nei confronti di Viktor Orbán, che continua a violare lo Stato di diritto senza conseguenze significative. In questo contesto, il boicottaggio della presidenza ungherese da parte della Commissione, annunciato da von der Leyen, rappresenta un tentativo disperato di recuperare credibilità. Orbán, infatti, dopo incontri con leader controversi come Vladimir Putin e Xi Jinping, continua a sfidare l’Unione, utilizzando la presidenza del Consiglio dell’Ue come palcoscenico per le sue provocazioni. La decisione di von der Leyen di non partecipare alle riunioni informali organizzate dalla presidenza ungherese è stata vista come una semplice mossa politica per distogliere l’attenzione dai suoi problemi interni.

Il futuro di von der Leyen dipende ora dalla sua capacità di negoziare un accordo di coalizione che le garantisca il sostegno necessario per la rielezione. La sua politica ambientale, un tempo fiore all’occhiello del suo mandato, è ora messa in discussione dalla sua stessa famiglia politica, il Ppe, che preme per un allentamento delle misure più rigide. I Verdi, pur critici, sembrano disposti a negoziare, pur di evitare un’alleanza con l’estrema destra. La sfida di von der Leyen non è solo politica, ma anche personale. La sua credibilità è stata minata da anni di leadership controversa e decisioni impopolari. Personalizzare la sua posizione e atteggiarsi da “Presidente d’Europa” (come bisbigliano a Bruxelles) ha aumentato la polarizzazione. Nel frattempo, Roberta Metsola, con il suo secondo mandato, avrà il compito di guidare il Parlamento in un periodo di turbolenze politiche e sociali, cercando di mantenere l’unità e la coesione necessarie per affrontare le sfide future. A Strasburgo molti credono che la sua leadership sarà fondamentale per navigare attraverso le acque agitate della politica europea, mantenendo alto il valore dei principi democratici e dello Stato di diritto.
Giulio Cavalli