Un referendum. Nostro malgrado. Sul governo e Giorgia Meloni. Che ha trasformato le elezioni europee di oggi e domani, quelle alle quali siamo chiamati per pronunciarci sui grandi temi comunitari, dalla guerra all’economia (tanto per citarne un paio), in un voto su se stessa e sull’operato dell’esecutivo.
“Voglio sapere dagli italiani se sono soddisfatti del lavoro che stiamo facendo, sia a livello nazionale che europeo”, ha detto la premier in una recente intervista al Tempo. Accompagnando la richiesta ad una imponente campagna mediatica per sciorinare – per lo più senza contraddittorio – l’elenco dei successi collezionati, a suo dire, in un anno e mezzo circa di governo.
L’elenco di Giorgia è lungo. “L’Italia è finalmente tornata a crescere più della media europea”. E’ così dal 2021 (governo Draghi), mentre quest’anno crescerà meno. “E’ cresciuto l’export”. Che è fermo dal 2022. “E’ sceso lo spread”. Ma resta il più alto tra i grandi Paesi Ue. “La Borsa Italiana nel 2023 è stata la migliore d’Europa”. Trascinata anche dai titoli delle banche grazie agli extraprofitti che il governo aveva annunciato di voler tassare, prima di fare retromarcia.
“Ma soprattutto abbiamo toccato il tasso di occupazione più alto di sempre”. Con il record di lavoratori dipendenti in povertà (di salario minimo, ovviamente, neanche a parlarne). “Aumentano i contratti stabili, aumenta l’occupazione femminile”. Su quest’ultima l’Italia è in coda alla classifica europea. “Diminuisce il rischio povertà”. Mentre aumentano le famiglie in povertà assoluta (grazie anche all’abolizione del Reddito di cittadinanza). “E dopo tre anni i salari sono tornati a crescere più dell’inflazione”. Eppure nel 2023 i prezzi sono cresciuti circa il doppio delle retribuzioni.
“A un grande potere corrisponde sempre una grande responsabilità”, ha detto Meloni citando un noto statista: “Credo, l’Uomo Ragno”. Non ci rimane che andare alle urne. Con il sospetto che il grande potere a cui si riferiva la premier fosse in realtà quello di arrampicarsi sugli specchi.