Nella frenesia di una campagna elettorale che dovrebbe essere incentrata sui temi cruciali dell’Europa che verrà, sono invece le solite beghe interne di una politica incapace di guardare oltre l’aiuola del cortile di casa a tenere banco a quarantotto ore dall’apertura dei seggi per il rinnovo del Parlamento Ue. L’offensiva mediatica della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, iniziata con il comizio di Piazza del Popolo lo scorso fine settimana e proseguita con interviste a raffica tra talk show e carta stampata fino alla missione albanese di ieri dall’amico Edi Rama, è stata finora un’apoteosi autocelebrativa offerta in pasto al proprio elettorato.
Ma tra i successi, peraltro opinabili, del primo anno e mezzo di governo sciorinati dalla premier e una bordata rifilata qua e là alle opposizioni, sono le due grandi questioni al centro della prossima agenda europea – la guerra e il ritorno dell’austerity – a latitare di fatto nei suoi ragionamenti. Se non con richiami astratti e generici. Sentite qua: “Siamo a un punto di svolta. È come se fosse una sorta di referendum tra due visioni opposte d’Europa. In questi mesi noi abbiamo dimostrato che la nostra Europa può vincere, lo abbiamo fatto con l’azione del nostro governo (…) Qui si fa la storia signori, e quella storia possiamo essere noi”. Parole buone per la propaganda elettorale. Ma che non sciolgono i nodi.
Sulla guerra in Ucraina, per cominciare. Finora il governo si è detto contrario all’impiego contro la Russia di armi fornite a Kiev da Paesi Nato. Ma dopo le Europee, con il prossimo pacchetto di aiuti del governo, cosa forniremo a Zelensky? E chi ci assicura che le nostre forniture militari non saranno impiegate a scopi offensivi come peraltro già avviene con quelle di altri Paesi? Poi c’è il tema delle politiche di austerity imposte dall’Europa con il nuovo Patto di Stabilità che il governo ha digerito senza fare una piega: il conto arriverà già con la prossima manovra che si preannuncia fin d’ora lacrime e sangue. Ecco, è su questi temi che Meloni dovrebbe spiegare al popolo, quello al quale rivendica fieramente di appartenere, cosa intende fare. Possibilmente prima del voto. Ma è chiedere troppo.