Per la serie, lanciare il sasso e nascondere la mano. Impresa decisamente facile in Italia, molto meno in Europa. Perché mentre ieri a Strasburgo i deputati europei di Fratelli d’Italia votavano a favore della risoluzione a sostegno del Piano di riarmo Ue da 800 miliardi di euro proposto da von der Leyen – come hanno fatto anche quelli di FI a differenza della truppa leghista – ai meloniani non è riuscito il colpo gobbo di far passare l’emendamento che puntava a cambiare nome, da ReArm a Defend Europe, al mega-shopping militare per indorare la pillola ai propri elettori.
Agli occhi dei quali, con i chiari di luna che tirano in Italia, tra Sanità allo sfascio e stipendi da fame, giustificare la corsa al riarmo con il rischio di un’imminente invasione russa – che in tre anni è riuscita con fatica ad occupare il Donbass – non sarà certo facile. Problema che, però, Meloni non si è certo posta da sola.
Come spesso è accaduto negli ultimi anni, quando si parla di riarmo – pardon di Difesa – Fratelli d’Italia e Partito democratico sembrano la fotocopia l’uno dell’altro. Non è un caso che ieri, oltre ad Ecr, la formazione europea di cui fa parte anche FdI, pure il Pd abbia assecondato il fallito blitz (respinto con 507 voti contrari, 97 favore e 56 astenuti) per cambiare nome – e renderlo almeno presentabile agli occhi dei rispettivi elettori – al programma militare di Ursula von der War. Lo stesso Pd che, dopo aver bocciato il Piano di riarmo per bocca di Schlein, si è spaccato sulla linea della segretaria e sabato sarà in piazza alla manifestazione pro Europa.
Anche se, come spesso capita quando di mezzo c’è il Partito democratico, non si capisce bene a favore di quale Europa: quella contraria al riarmo, che vorrebbe Elly, o quella guerrafondaia rappresentata da von der Leyen, sostenuta dalla minoranza dem, che rischia di piombare il continente in una nuova escalation militare come ai tempi della guerra fredda? Ma ora, almeno, è più chiaro cosa intendesse il presidente M5S Conte quando ha deciso di archiviare definitivamente il progetto del campo largo progressista. Con questo Pd, sarebbe servita una risoluzione tipo quella votata ieri a Strasburgo per cambiargli nome in campo minato.