Beati coloro che si sono bevuti la storiella di Giorgia Meloni allineata – perfino autorevole – alla comunità internazionale. Beati quelli che, convinti, scrivevano che Meloni era “l’ago dell’Euro”, l’amica di von der Leyen, la più atlantista degli atlantisti perché a parole difendeva l’Ucraina. Beati anche quelli che, da due anni, cercano di convincerci che Meloni è diversa. “Non è Orbán, non è Trump”, dicono. I beati ieri hanno dovuto annotare che la presidente del Consiglio italiana ha scelto Trump, contraddicendo l’Unione europea, l’Onu e il diritto internazionale. Questa volta, però, non l’ha fatto per calcolo politico. Meloni, che deraglia dalle leggi internazionali e dall’Unione europea, da cui ha preteso una vicepresidenza, semplicemente segue la sua irrinunciabile natura. Non è niente di nuovo.
La natura della presidente del Consiglio è sempre quella, immutata. Non è un caso che molte delle sue affermazioni da inquilina di Palazzo Chigi siano smentite da video d’archivio di suoi interventi. La leader di Fratelli d’Italia ha capito che non c’è niente di meglio che simulare mansuetudine per pescare allocchi. Meloni, come il suo partito, sogna l’egoismo di Stato, l’amichettismo come linea d’azione, la vendetta come timone d’azione. Meloni – come Trump e come Orbán – ritiene la democrazia e il multilateralismo dei fastidiosi impicci, addirittura oppositori politici. Sogna il comando senza interferenze, a braccetto con i Trump e gli Orbán.