L’Albania di Edi Rama sarà un “narco-stato”, come sostengono le principali agenzie investigative mondiali, ma domenica scorsa ha dato una lezione di libertà all’Italia. Il riferimento è all’intervista fatta dal giornalista di “Report”, Giorgio Mottola, al premier di Tirana, Rama, sul costosissimo e criticatissimo centro di detenzione permanente che il governo di Roma ha deciso di impiantare a Gjader, Albania.
E lo schiaffo al nostro Paese arriva proprio dal fatto che un premier – molto arrabbiato, per un precedente servizio, sempre di Report, sempre sul mega appalto per il centro migranti – abbia accettato di sottoporsi alle domande (vere) di un cronista (vero).
In Italia Giorgia risponde solo ai giornalisti amici
Una cosa che ormai in Italia non accade più, visto che Giorgia Meloni o si fa intervistare dai giornali “amici” e nei salotti televisivi non ostili, oppure rifiuta in toto il confronto con i media. Preferendo i filmatini sui social, rigorosamente senza contraddittorio, nei quali può dire ciò che vuole, senza timore di essere smentita.
Per trovare l’ultima volta che si è sottoposta a delle domande dirette, bisogna tornare alla conferenza stampa del 4 gennaio scorso, quando Giorgia incontrò i giornalisti alla Camera. E poco importa se anche quell’occasione era un “recupero” della tradizionale conferenza stampa di fine anno che la premier aveva fatto saltare. Una ritrosia più che comprensibile visti i risultati catastrofici di alcuni incontri stampa, primo fra tutti quello di Cutro del 9 marzo 2023, subito dopo il naufragio (e dopo il quale Mario Sechi lasciò il posto di portavoce).
Il duro confronto Rama-Mottola
In Albania, invece, Rama ha risposto e ha accettato tutte le conseguenze in termini di giudizio dell’opinione pubblica di un premier chiamato a rispondere di supposti rapporti imbarazzanti anche con noti narcotrafficanti. A trasmettere in diretta l’intera puntata di “Report” contenente l’intervista a Rama, con doppiaggio in tempo reale, domenica, è stata l’emittente indipendente Syri Tv, grazie al via libera di Rai e Sigfrido Ranucci.
“Dopo il successo della trasmissione della prima inchiesta di Mottola, c’era tanto scetticismo, fino alla diffidenza, da parte dell’opinione pubblica albanese, secondo la quale non ci sarebbe stata alcun seguito”, racconta a la Notizia la giornalista albanese Armela Ferco, “moltissime persone hanno commentato, soprattutto sul profilo Facebook di Ranucci, chiedendo conto del perché non si occupasse ancora dell’Albania, lasciando intendere anche che Rama fosse riuscito a comprare il silenzio di Report”.
“Dopo l’annuncio che la trasmissione sarebbe andata in onda in diretta su Syri TV, si è verificata un’esplosione di reazioni e commenti”, continua Ferco, “L’evento è stato talmente interessante, che se ne parla tantissimo ancora adesso, nonostante gli sforzi mirati a spostare l’attenzione su altre questioni (tecniche che ormai rappresentano la normalità nell’ambiente mediatico albanese). È stata quindi, una puntata molto potente, ricca di tanti contenuti e dati, un lavoro molto professionale”.
Il giornalista Bledian Koka lancia l’allarme sui media albanesi
“Farei attenzione a parlare di lezione democratica di Rama sui media”, dice però Bledian Koka, un altro giornalista di SYRI TV, “perché il nostro premier aveva rifiutato ogni commento per la prima puntata di Report. Solo dopo la messa in onda del reportage e lo scoppio delle polemiche, ha accettato di parlare con Mottola”. Per Koka “il primo ministro controlla il 90% dei media. Vive di propaganda, come la vostra Meloni, ma qui è tutto molto più potente”, aggiunge.
“Per noi molti dei fatti denunciati da Report erano conosciuti (a parte l’attività di lobby di Massimo D’Alema, che ignoravamo), ma vederli raccontati da una trasmissione così famosa della Rai, ha certamente creato uno choc e hanno avuto un impatto enorme. E Rama, nella sua intervista, si rivolgeva soprattutto al popolo albanese, perché costretto dalle polemiche”, conclude il giornalista.