di Nicoletta Appignani
Un giro d’affari da 16 miliardi e 700 milioni di euro. In tempi di crisi economica sembrerebbe incredibile, eppure sono questi i numeri del volume di affari di 302 clan della criminalità organizzata in Italia. Numeri legati ai reati ambientali nel solo 2012 e contenuti all’interno di Ecomafia 2013, il rapporto annuale di Legambiente realizzato grazie al contributo delle Forze dell’ordine, sulle storie e i numeri dell’illegalità ambientale in Italia.
Edilizia nel mirino
Mentre i prezzi delle vendite e degli affitti di immobili crollano sotto il peso della recessione, il mercato del mattone illegale si espande: l’incidenza dell’edilizia abusiva nel mercato delle costruzioni è passata infatti dal 9% del 2006 al 16,9% stimato per l’anno 2013. Ben 283 mila nuove case per un fatturato complessivo di circa 19 miliardi e 400 milioni di euro. Un’illegalità che danneggiando il nostro patrimonio ambientale ha generato cifre impressionanti: 34.120 reati, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri. E ancora. Aumentano i clan coinvolti rispetto all’anno precedente, da 296 a 302, mentre quadruplicano i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, da 6 a 25. Gli artefici di una mattanza ambientale fatta di abusi di cemento, veleni, discariche e rifiuti tossici.
Le regioni dei clan
Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 , +13,2%, e dalla Toscana, con 2.524 illeciti. “Quella delle ecomafie”, dichiara il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, “è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi. Le pene per i reati ambientali continuano ad essere quasi esclusivamente contravvenzioni, un po’ come le multe per chi passa con il rosso”. Le solite maglie larghe della legge, che come sempre ha tempi di reazione lentissimi. Quei sedici miliardi di euro l’anno però sono il prezzo della nostra salute. E in ballo c’è il futuro nostro e dell’ambiente in cui viviamo.