La legittima difesa è legge. Grida di giubilo da parte della Lega e di tutto il fronte del centrodestra e destra estrema, felici che per la prima volta l’Italia può davvero dirsi un “Paese sicuro”. Finalmente – a sentire la narrazione leghista –, l’italiano esce da un periodo oscuro durante il quale è stato inevitabile vittima del migrante criminale. Eppure i dati Istat più recenti – e i numeri sono argomenti testardi – offrono un racconto diverso: da anni assistiamo a una progressiva riduzione dei reati, a dimostrazione di come questa preoccupazione abbia qualcosa di profondamente ingiustificato. Partendo da qui si comprende il circuito vizioso attraverso cui si è giunti non solo a giustificare, ma a chiedere a gran voce la legge sulla legittima difesa che – questa sì – condanna l’Italia a un pericoloso Far West.
In “Sotto tiro. L’Italia al tempo della corsa alle armi” (People) Stefano Iannaccone, con lo scrupolo del giornalista e la passione di chi da mesi segue analiticamente, studia e denuncia tutto ciò che accade nel mondo armato, spiega in maniera puntuale quale sia stato il passaggio – di cui molti neanche si sono accorti – grazie al quale oggi la legittima difesa si è trasformato in un tema imprescindibile per la politica penta-leghista. E, soprattutto, spiega perché questa legge condanna alla barbarie. Come Iannaccone racconta, infatti, basta riavvolgere il nastro per comprendere la ragione, neanche tanto velata, per cui pare proprio che il Carroccio non abbia potuto fare a meno di approvare la legge sulla legittima difesa. Dietro l’alibi della sicurezza, infatti, si nasconde un business pauroso che accomuna diverse associazioni e società private.
Ma Iannaccone – che qui a La Notizia ha lavorato per anni, si è formato diventando professionista, lasciando il segno con le sue inchieste – si spinge oltre l’indagine, chiudendo un cerchio che altrimenti sarebbe rimasto aperto. è lui stesso a spiegarlo: “Sotto Tiro non è solo un libro sulle armi, ma è anche e soprattutto un libro sulla sicurezza. È un tema politico e sociale molto dibattuto, quindi di grande interesse. Ecco, il messaggio è semplice: ridurre il numero di armi è una questione di sicurezza”. Ed è su questo, dopo un ritratto agghiacciante non solo politico ma anche sociale di cosa l’Italia sia diventata, che il giornalista si concentra nelle ultime pagine del suo saggio, avanzando proposte concrete per rendere l’Italia effettivamente più sicura. Come? Limitando la circolazione di armi, tutelando maggiormente, al di là della retorica, le forze di polizia, e cambiando le regole per ottenere le licenze dato che oggi la procedura per ottenerla “è più semplice di quella per ottenere la patente”.
Proposte rivoluzionare quelle di Iannaccone, visto il periodo socio-politico che stiamo vivendo. Ma non sono pochi a pensarlo, vista la campagna. Un punto deve essere chiaro: oggi in Italia è troppo facile avere un’arma, nonostante si pensi il contrario, perché la procedura della licenza è più semplice di quella per ottenere la patente. E non è accettabile. I test e i controlli devono essere molto più rigorosi rispetto alle visite di routine attualmente previste. Chi vuole prendere possesso di un’arma deve affrontare verifiche e confronti con specialisti in psicologia, per comprendere le sue reali attitudini. Il rilascio della licenza deve avvenire al termine di un percorso che preveda determinate tempistiche, da 8 a 12 mesi. La durata della licenza necessita di una ulteriore riduzione: i 5 anni attualmente prescritti sono un lasso di tempo gigantesco, in cui possono intercorrere cambiamenti sostanziali nella vita del legale detentore di arma.