Ecco perché col delitto di Rovereto la nazionalità non c’entra

Associare il tema dei reati a quello dei migranti è pericoloso. Serve solo a soffiare sul fuoco della rabbia sociale.

Ecco perché col delitto di Rovereto la nazionalità non c’entra

Da bambini ci dicevano di non confondere le mele con le pere così da fornirci, attraverso un’immagine immediatamente comprensibile, le basi del ragionamento logico capace innanzitutto di distinguere elementi del reale tra loro diversi che se confusi darebbero vita ad argomentazioni illogiche o faziose. Associare l’omicidio di Rovereto al fallimento nella gestione dell’immigrazione da parte del centrosinistra, utilizzando strumentalmente la morte della signora Iris, è quel genere di errore che rischia unicamente di fomentare l’odio nei confronti di chi approda nel nostro paese mosso dalla speranza di un futuro migliore.

Associare il tema dei reati a quello dei migranti è pericoloso. Serve solo a soffiare sul fuoco della rabbia sociale

Questo non equivale a un selvaggio “accogliamoli tutti”, è evidente che l’immigrazione debba essere regolamentata non solo nell’interesse del paese ospitante ma anche per tutelare i diritti di coloro che arrivando in Italia meritano di essere integrati nel tessuto sociale e produttivo e non di vivere ai margini della società. Il governo stesso si è visto costretto a varare il “decreto flussi” per il triennio 2023-2025 con la finalità di sopperire alla significativa mancanza di manodopera in alcuni settori strategici per il nostro Pil non avendo però il coraggio di andare sino in fondo e limitandosi a consentire l’ingresso a una quota complessiva di immigrati che a stento raggiunge la metà del reale bisogno manifestato dalle varie categorie lavorative.

Promuovendo il principio di un’accoglienza dignitosa e ricordando la necessità per la nostra economia di una immigrazione regolare, iniziamo a sottrarre la figura dello straniero alla narrazione del delinquente che abusa della nostra tolleranza e vediamo l’omicida di Rovereto per ciò che davvero è: un uomo che dava evidenti segni di squilibrio, soggetto a misure cautelari e da cui la famiglia (con cittadinanza italiana) sentiva di doversi difendere arrivando a chiamare le forze dell’ordine e reclamando un Tso che non c’è stato. Quanti i casi di cronaca analoghi che vedono protagonisti italiani che erano, per usare espressioni di salviniana memoria, a “casa loro”?

Esattamente un anno fa, a Civitanova Marche moriva Alika Ogochukwu per mano di Filippo Ferlazzo che, denunciato anche in questo caso dalla famiglia per i comportamenti violenti, era stato sottoposto a Tso vedendo il Tribunale nominare sua madre amministratrice di sostegno. Il pestaggio avvenne prima con la stampella con cui la vittima si muoveva per poi compiersi in un omicidio a mani nude, in pieno giorno e sotto gli occhi di tutti.

La vittima di Civitanova Marche era nigeriana, come nigeriano è l’omicida di Rovereto. Possiamo davvero dire che sia l’immigrazione il problema? Certo, l’immigrazione irregolare è un male che affligge il paese e l’Europa, ma bisogna sempre distinguerla da quella regolare che costituisce una necessità e un valore e non può essere intesa come causa di ogni problema.

In questo caso infatti è da chiedersi perché un uomo sottoposto a misure cautelari e che, vagando liberamente per la città in stato di squilibrio e pericolosità, non sia stato sottoposto a un Tso e non fosse adeguatamente monitorato. Figure così, indipendentemente dalla nazionalità, si trasformano in mine vaganti per se stesse e per la collettività e non possono essere abbandonate al proprio destino in attesa che qualcosa di più grave avvenga, così da poterli sbattere in galera. Sono soggetti che vanno seguiti sin da quando lanciano i primi segnali (spesso coincidenti con reati) e che devono essere sottratti al rimpallo di responsabilità tra gli enti, così come ai tempi biblici della giustizia.

Agire in tempo e in modo utile vuol dire innanzitutto non gettare benzina sul fuoco della rabbia sociale strumentalizzando una morte per finalità politiche e snellire, rendendoli però più efficienti, percorsi burocratici e giudiziari affinché non vi siano più altre Iris e altri Alyna.