“Con il Mattarellum la quota proporzionale era la scialuppa di salvataggio dei piccoli partiti, ora invece, con il Rosatellum, dovranno aggrapparsi al salvagente dei collegi per non scomparire”. La fotografia della nuova legge elettorale, scattata nei corridoi di Montecitorio da un parlamentare di lungo corso esperto della materia, delimita il campo di guerra sul quale, nell’imminente campagna per le politiche, si combatterà la madre di tutte le battaglie. Quella per la sopravvivenza.
Si salvi chi può – Perché se è vero che, proprio come nel Mattarellum, torneranno i collegi uninominali, le proporzioni saranno di fatto ribaltate: dai 3 parlamentari eletti con il sistema maggioritario contro 1 attraverso il proporzionale, come previsto dalla legge che portava il nome dell’attuale presidente della Repubblica, ai 2 (con il proporzionale) contro 1 (scelto nei collegi) previsti dal Rosatellum. E adesso, con la quota proporzionale di fatto raddoppiata, la vita, per i piccoli partiti, si fa dura. Il rischio è quello di essere cannibalizzati dai grandi partiti all’interno della stessa coalizione. La prospettiva, infatti, è quella di raccogliere voti inutili ad eleggere propri parlamentari nei listini, ma utilissimi ai grandi partiti della medesima alleanza per incrementare il proprio bottino elettorale. Per non correre rischi non resterebbero che due strade: cercare asilo nelle liste (proporzionali) sicure dei grandi alleati oppure correre nei collegi uninominali per sfruttare il traino dell’intera coalizione. Ma i posti disponibili sono pochi e, per di più, con la norma che introduce le pluricandidature – la possibilità cioè di candidare la stessa persona in un massimo di cinque diversi collegi – si ridurranno ulteriormente.
Vietato governare – Ma non è tutto. Le principali simulazioni (a sinistra quella dell’Istituto Cattaneo) indicano, per la prossima legislatura, scenari tutt’altro che rassicuranti. Nessuna forza politica sarebbe di fatto in grado di dare vita ad un governo sostenuto da una maggioranza autonoma. “L’impossibilità quasi scontata di dare vita ad un esecutivo stabile costringerà il Paese a tornare al voto nel giro di un anno al massimo – azzarda, parlando con La Notizia, l’esperto parlamentare -. Anche perché, questa volta, visti i numeri, non basterà qualche Scilipoti né qualche Verdini di turno per assicurare una maggioranza”. Larghe intese a parte, ovviamente.