di Stefano Sansonetti
Oltre al danno, come spesso accade, c’è pure la beffa. Il dato certo è che a via XX Settembre c’è un autentico Tesoro di affitti passivi che costringe il dicastero, oggi guidato da Pier Carlo Padoan, a buttare qualcosa come 47 milioni di euro l’anno a fronte di 235 contratti attivi. Soldi che vanno dritti nelle casse di privati e fondi immobiliari che continuano ad arricchirsi come se niente fosse. E pazienza se quello dell’economia è il ministero che dovrebbe dare impulso alla sempre sbandierata spending review. La beffa, poi, è che verosimilmente il salasso per le casse pubbliche è anche maggiore. Parola dell’Agenzia del Demanio, che da anni sta cercando di fare un censimento delle locazioni passive dell’amministrazione centrale (e in parte periferica), incontrando resistenze a destra e sinistra. Per carità, il problema è antico. Sta di fatto che al 31 dicembre 2013, ultimo dato aggiornato appena sfornato da via XX Settembre, il ministero aveva in essere 141 contratti di locazione passiva che si portano via ogni anno 33.450.945 euro. A questi se ne aggiungono altri 90 che servono a trovare una sistemazione alle varie Commissioni tributarie, per un conto finale di ulteriori 13.104.418 euro. Infine la ciliegina sulla torta: si spendono 799.249 euro per 4 contratti di affitto che servono all’inutile Scuola superiore dell’economia e delle finanze, stipendificio per mandarini di Stato da anni nel mirino delle varie spending review e finora sempre sopravvissuta.
Lo zoccolo duro
Fare un viaggio all’interno degli affitti passivi è come addentrarsi in un girone dantesco. Spuntano come funghi centinaia di cifre riportate in griglie che, come adesso chiede la legge, il ministero è tenuto a pubblicare. Nei 141 contratti di locazione passiva che fanno direttamente riferimento al dicastero, la parte del leone spetta alle Ragionerie territoriali dello Stato. Quante volte i vari ministri dell’economia hanno promesso di tagliarle? Sempre, con esiti che più scarsi non si può. Scorrendo l’elenco si scopre che per affittare lo stabile milanese di via Zuretti si spendono 1.371.555 euro l’anno. Sempre a Milano, poi, la Ragioneria territoriale è sistemata anche in via Tarchetti, in un immobile di proprietà di un fondo per il cui affitto si pagano 1.553.068 euro. Neanche a Napoli si scherza. Qui, a via Lauria, c’è una sede della Ragioneria territoriale affittata al ministero alla “modica” cifra di 1.895.586 euro. Se poi si vanno ad analizzare le locazioni degli uffici centrali va anche peggio. Per affittare quelli di via Lucania, a Roma, partono 2.060.931 euro. Per quelli di via Casilina bisogna mettere mano al portafoglio per un conto da 1.584.353 euro. Per non parlare del caso record, indicato come l’icona degli sprechi, rappresentato dagli uffici centrali del ministero dell’economia a via dei Normanni, sempre a Roma, sede dell’ex esattoria del Monte dei Paschi, per il quale si paga ancora un affitto da 4 milioni e 317 mila euro l’anno.
Gli altri assegni
Insomma è un vero ginepraio, tanto più inspiegabile quanto più si consideri come gli immobili di proprietà dello Stato, solo a livello centrale, valgono 62 miliardi di euro. Che arrivano a 368 se si comprendono anche quelli periferici. Possibile che in tutto questo bendidio non si trovino sistemazioni per evitare che si buttino dalla finestra così tanti soldi per gli affitti? Poi ci sono pure le Commissioni tributarie. In questo caso sono attivi 90 contratti per un costo di 13 milioni e 104 mila euro. Anche qui le singole locazioni toccano cifre da far tremare i polsi. Per affittare la sede della Commissione tributaria provinciale di Roma, situata in via Labicana, si sborsano 1 milione e 962 mila euro l’anno. Sempre in via Labicana c’è la sede della Commissione tributaria regionale, che costa 981 mila euro. E per chiudere ci sono le locazioni pagate per le sedi della Scuole superiore dell’economia e delle finanze. Quella di Milano, in via della Moscova, costa 408 mila euro l’anno. In tutto per la Scuola si contano quattro contratti di locazione passiva, per un totale di 799 mila euro. Un salasso infinito.
Twitter: @SSansonetti