di Stefano Sansonetti
Qualcuno parla di fuga. Del resto, dopo mesi di annunciati tagli di stipendi alla Camera e al Senato, c’è chi potrebbe aver pensato a uno sbocco alternativo. Quanto abbia influito la spending review interna è difficile da dire. Di sicuro va facendosi sempre più consistente la pattuglia di consiglieri parlamentari che lasciano Montecitorio e palazzo Madama per sistemarsi negli uffici di diretta collaborazione dei ministeri. Al punto che qualche osservatore parla di nuovi “mandarini” che, piano piano, stanno prendendo possesso di quegli scranni tradizionalmente riservati a magistrati Tar e consiglieri di Stato. Il tutto, come si apprende, con un cumulo di compensi che consente di incassare cifre di tutto rispetto. Gli esempi sono tanti.
I NOMI
Ne sanno qualcosa al ministero delle riforme e dei rapporti con il parlamento, guidato da Maria Elena Boschi. Qui il capo di gabinetto è Roberto Cerreto, che è stato consigliere parlamentare alla Camera dal 2003 al 2013. Nello stesso dicastero, a capo dell’ufficio legislativo, c’è Cristiano Ceresani, consigliere parlamentare alla Camera dal 1999 al 2013. Anche al dicastero della Semplificazione, guidato da Marianna Madia, è arrivato un consigliere parlamentare. Si tratta di Bernardo Polverari, adesso capo di gabinetto, ma dal 1993 al 1997 documentarista alla Camera e poi fino al 2014 consigliere nello stesso ramo del Parlamento. Una bella infornata di consiglieri parlamentari, nel corso del tempo, si è registrata al ministero dello Sviluppo economico, oggi guidato da Federica Guidi. Vito Cozzoli, l’attuale capo di gabinetto, è consigliere parlamentare della Camera dal lontano 1991. E la stessa estrazione caratterizza Annalisa Cipollone, vicecapo di gabinetto, consigliere parlamentare alla Camera dal 2003 al 2014. In più, proprio di recente, al ministero dello Sviluppo ha fatto il suo ingresso Edoardo Battisti, nel ruolo di vicecapo di gabinetto (a quanto pare si occuperà di energia). Battisti è un consigliere parlamentare del Senato, dove ha collaborato con il presidente della commissione industria Massimo Mucchetti (le cui idee, per inciso, si sono spesso rivelate in contrasto con quelle del governo). Nell’elenco c’è anche il ministero dell’agricoltura di Maurizio Martina, il cui ufficio legislativo è guidato da Marco Caputo, consigliere parlamentare alla Camera dal 2003 al 2013. Insomma, la concentrazione va facendosi sempre più consistente.
LA QUESTIONE ECONOMICA
Come spiegano alcuni ministeri, una volta entrati negli uffici di diretta collaborazione i consiglieri parlamentari finiscono con il cumulare due fonti di reddito: il trattamento economico fondamentale a carico dell’amministrazione di appartenenza (Camera o Senato) e un’indennità di diretta collaborazione erogata dal dicastero di riferimento. Certo, ci sono delle differenze (per esempio Cozzoli, allo Sviluppo, prende sono l’emolumento a carico della Camera). Ad ogni modo lo schema è più o meno questo. I ministeri interessati e la Camera non riportano i singoli trattamenti economici onnicomprensivi dei vari consiglieri parlamentari. Ma che si tratti di cifre appetitose è dimostrato dal quadro delle retribizioni annue lorde riportato sul sito della Camera. Un consigliere parlamentare dopo 10 anni prende 144.932 euro (più 25.527 di oneri previdenziali). Dopo 20 si passa a 228.609 (più 40.315). Superati i 30 si arriva a 318.654 (più 56.247). Certo, adesso il piano di tagli inciderà progressivamente su queste cifre con l’obiettivo di non superare i 240 mila euro di tetto annuale (fermi restando i ricorsi dei sindacati). Nel frattempo, però, con l’integrazione dell’indennità ministeriale, i consiglieri parlamentari trasferitisi negli uffici di diretta collaborazioni si mantengono nella fascia alta.
Twitter: @SSansonetti