Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della giustizia Alfonso Bonafede, ha approvato un disegno di legge che dispone la delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario e per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare e introduce nuove norme in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura.
Gli obiettivi sono principalmente due, ha spiegato il Guardasigilli presentando il testo della riforma: “Scardinare, all’interno della magistratura, le logiche spartitorie dovute alle cosiddette degenerazioni del correntismo; alzare definitivamente un muro tra magistratura e politica. Un magistrato che entra in politica non potrà mai più tornare a svolgere funzioni giudicanti o requirenti”. “All’interno della riforma – ha aggiunto Bonafede – ci sono norme e obiettivi di cui si parla da decenni: adesso, finalmente, sono scritti nero su bianco. Inoltre, si garantisce la parità di genere. Dopo i fatti gravi emersi in magistratura nell’ultimo anno, abbiamo voluto dare una risposta netta e inequivocabile, proprio a tutela di quella stragrande maggioranza di magistrati che, lontana anni luce dalle logiche correntizie, lavora ogni giorno con professionalità e passione. Continuerò a battermi affinché la magistratura e la giustizia in generale tornino ad avere, agli occhi dei cittadini italiani, la credibilità che meritano”.
“Allo scopo di rendere più efficiente ed al passo con i tempi il meccanismo di reclutamento dei nuovi magistrati – spiega Palazzo Chigi -, di garantire maggiore trasparenza al sistema delle valutazioni di professionalità, di reintrodurre criteri organizzativi verificabili negli uffici di Procura e di semplificare il procedimento di adozione delle tabelle organizzative degli uffici, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni per l’efficienza del sistema giudiziario e la riforma dell’ordinamento giudiziario, nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi”.
Il ddl Bonafede prevede la revisione dell’assetto ordinamentale della magistratura, con specifico riferimento alla necessità di rimodulare, secondo principi di trasparenza e di valorizzazione del merito, i criteri di assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi e di ridefinire, sulla base dei medesimi principi, i criteri di accesso alle funzioni di consigliere di cassazione e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, nonché di garantire un contenuto minimo nella formazione del progetto organizzativo dell’ufficio del pubblico ministero e di prevederne l’approvazione da parte del Consiglio superiore della magistratura.
Il testo punta alla razionalizzazione del funzionamento del consiglio giudiziario, semplificazione, trasparenza e rigore nelle valutazioni di professionalità; alla riduzione dei tempi per l’accesso in magistratura dei laureati in giurisprudenza. Inoltre, si introducono norme dirette a valorizzare anche nell’ambito del settore penale lo strumento dei programmi di gestione e a responsabilizzare i dirigenti dell’ufficio nella gestione delle situazioni patologiche, che incidono sulla celerità della risposta giudiziaria.
È specificamente disciplinata l’adozione e la formazione del progetto organizzativo dell’ufficio del pubblico ministero e rafforzata la distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti, con una modifica delle disposizioni che ineriscono al passaggio dalle une alle altre.
Si innova radicalmente la disciplina dei magistrati dell’ufficio del massimario e del ruolo della Corte di cassazione, con la previsione che lo stesso abbia una pianta organica di trentasette magistrati e stabilendo che possano essere designati a tale ruolo solo magistrati che hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità, con non meno di dieci anni di effettivo esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti di primo o di secondo grado.
Il ddl regolamenta in termini dettagliati l’accesso dei magistrati all’attività politica e del ritorno degli stessi all’attività giudiziaria, con specifiche disposizioni in materia di eleggibilità e di assunzione di cariche politiche o di incarichi presso organi politici da parte dei magistrati. In particolare, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, fatta eccezione per i magistrati in servizio da almeno due anni presso le giurisdizioni superiori o presso gli uffici giudiziari con competenza territoriale a carattere nazionale, non sono eleggibili alla carica di membro del Parlamento europeo, senatore o deputato o a quella di presidente della giunta regionale, consigliere regionale, presidente o consigliere provinciale delle province autonome di Trento e di Bolzano o sindaco in comuni con più di centomila abitanti, se prestano servizio, o lo hanno prestato nei due anni precedenti la data di accettazione della candidatura, presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente, in tutto o in parte, nella circoscrizione elettorale. Tale ineleggibilità riguarda anche l’assunzione dell’incarico di assessore e sottosegretario regionale e di assessore di comuni capoluogo di regione. Ai magistrati che siano candidati ma non siano stati eletti, è preclusa la ricollocazione in ruolo con assegnazione ad un ufficio avente competenza sul territorio di una regione compresa in tutto o in parte nella circoscrizione elettorale in cui sono stati candidati.
A seguito della cessazione di mandati elettivi e incarichi di governo, ove le cariche elettive abbiano avuto una durata superiore a un anno, i magistrati saranno inquadrati in un ruolo autonomo dei Ministeri.
Per le cariche ricoperte in enti territoriali diversi, si stabilisce che il ricollocamento in ruolo dovrà avvenire in ufficio appartenente a distretto diverso da quello nel quale il magistrato ha esercitato il mandato amministrativo; solo dopo tre anni il magistrato potrà nuovamente essere assegnato ad un ufficio dello stesso distretto in cui ha esercitato quel mandato.
Nel caso di assunzione di incarichi di capo e vicecapo presso uffici di diretta collaborazione, di segretario generale della Presidenza dei Consiglio dei ministri e dei Ministeri, e di capo e vicecapo di dipartimento presso la Presidenza del Consiglio e i Ministeri, nonché presso i consigli e le giunte regionali, sono previste specifiche limitazioni all’accesso a incarichi direttivi.
Le nuove disposizioni non si applicheranno alle cariche in corso di svolgimento all’entrata in vigore della legge. Il disegno di legge opera, inoltre, una profonda revisione del sistema elettorale dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura e delle modalità di funzionamento del medesimo organo, al fine di assicurare al meglio la realizzazione dei valori enunciati dalla Carta costituzionale come propri dell’ordine giudiziario. In particolare, il numero dei componenti del Consiglio superiore della magistratura è riportato a trenta complessivi, di cui venti magistrati ordinari e dieci eletti dal Parlamento.
Per i componenti eletti dai magistrati si introduce un sistema elettorale a doppio turno basato su collegi uninominali, con garanzia di una perfetta parità fra i generi nelle candidature. Si stabilisce che le commissioni competenti per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi e per il conferimento delle funzioni di consigliere e di sostituto procuratore generale presso la Corte di cassazione, per le valutazioni della professionalità, nonché in materia di incompatibilità nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, non possono essere formate dai componenti effettivi della sezione disciplinare e, in secondo luogo, si introduce la regola del sorteggio per stabilire la composizione delle commissioni.
Le nuove norme individuano poi con precisione i componenti effettivi ed i componenti supplenti (che salgono da quattro a cinque) della sezione disciplinare e ne modificano i meccanismi di funzionamento, dando vita a una sezione altamente specializzata e organizzativamente autonoma rispetto all’attività delle commissioni. Sono previste infine apposite norme di delega in materia di ordinamento giudiziario militare, conseguenti alle riforme ordinamentali della magistratura ordinaria.