Le Lettere

Eccellenze italiane

Sono felice che Cecilia Sala sia stata rilasciata dall’Iran e tornata in Italia. Ora spero si faccia un esame di coscienza e non ripeta più le sciocchezze che ha scritto sui due Marò italiani che, secondo lei, dovevano rimanere in India a farsi processare. Adesso ha provato sulla sua pelle cosa significa.
Mario Perrini
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Gentile lettore, condivido la gioia per la liberazione, ma dispero di vedere la Sala rinsavire a breve. Per ora, credo, penserà solo a comparire nei salotti televisivi, dove discetterà di cose che non sa e capitalizzerà sulla prigionia. Spero di sbagliare. Ma, inserita com’è in un ambiente culturale reazionario – mi riferisco al suo giornale, Il Foglio – dubito in una risurrezione umanistica. Comunque, chi mi ha colpito è la madre, che con la figlia ancora in galera ha detto: “Cecilia è un’eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini”. Capisco il dolore e capisco che ogni scarrafone è bello a mamma sua, ma a me non sarebbe mai venuto in mente di paragonare mia figlia al cotechino. Anche perché credevo che le eccellenze fossero scienziati insigniti del Nobel tipo Rubbia, Levi-Montalcini, Parisi, o architetti come Piano e Fuksas, o stilisti come Armani e Versace, o industriali come Olivetti e Ferrari, o pittori come Modigliani e de Chirico. Invece mamma Elisabetta Vernone in Sala ha puntato su vini e i cotechini. Dispiace non abbia nominato Brunello di Montalcino, Barolo, Franciacorta e nemmeno mozzarella di bufala, lonza e soppressata. Però in fondo lei non è un’intellettuale, e lo ha detto: “Io sono come Cecilia, sono un soldato”. Giusto, siamo uomini o caporali?