Di Sergio Patti
La minaccia agli Stati Uniti e all’Occidente è adesso totale. I jihadisti dell’autoproclamato Stato islamico hanno decapitato il secondo reporter Usa che tenevano in ostaggio, il giornalista Steven Sotloff. In un filmato diffuso in internet, il boia soprannominato ormai John il britannico ha alzato il tiro: “Sono tornato Obama, sono tornato per la tua politica estera arrogante verso lo Stato Islamico”, ha detto. Una ritorsione violenta e spietata contro i bombardamenti aerei decisi dalla casa Bianca per impedire il genocidio delle popolazioni trucidate dai miliziani. “Pago il prezzo” per la decisione dell’amministrazione Obama di attaccare obiettivi dell’Is in Iraq, ha detto – o è stato costretto a dire nelle sue ultime parole il povero Sotloff. Inutile ovviamente l’appello che solo pochi giorni fa la madre aveva rivolto a terroristi senza pietà. E senza umanità.
Inutile appello
Il giornalista Usa, un freelance di 31 anni, era stato mostrato al termine del filmato di James Foley, l’altro reporter ucciso il 19 agosto scorso. In quel filmato l’Is aveva minacciato Obama, avvisando che Sotloff sarebbe stato il prossimo ostaggio a morire se non fossero cessati i raid sul nord dell’Iraq. Una situazione che precipitava troppo rapidamente. Per questo i familiari del giornalista avevano aperto una petizione sul sito della Casa Bianca chiedendo al presidente di salvargli la vita. E proprio una settimana fa anche la madre del reporter aveva lanciato un appello all’Is per la sua liberazione. Tutto inutile. “La famiglia sa del video ed è in lutto”, ha fatto sapere un portavoce. Durissimo invece Obama, al quale il boia si rivolge in prima persona con un “Barak, sono tornato”. Uno squillo di morte che è stato poi esteso a tutta l’America e al mondo occidentale. “Lasciate Washington” è l’avviso che sembra annunciare attentati, ma anche un solito appello ai governi ad allontanarsi dalla politica americana nell’area. In questo senso la minaccia di morte è stata subito estesa all’ultimo – che si sappia – degli ostaggi in mano agli stessi terroristi, un cronista britannico: David Cawthorne Haines. “Prendiamo questa opportunità – dice il boia – per avvertire i governi che entrano nella malvagia alleanza con l’America contro lo Stato Islamico: si tirino indietro e lascino il nostro popolo in pace”.
Filmato indecifrabile
Le intelligence militari si sono subito messe al lavoro per cercare di capire dove e quando è stato girato il video di 2 minuti e 46 secondi dal titolo “Un secondo messaggio all’America”. La presenza in rete del filmato è stata rilanciata dal New York Times che ha citato il Site Intelligence Group (sito che abitualmente monitora il mondo jihadisti). Secondo il Wall Street Journal che cita fonti dell’amministrazione americana, “con ogni probabilità”, Sotloff comunque non sarebbe stato ucciso ieri ma il 19 agosto insieme al collega Foley. Non solo – continua il Wsj – la stessa sorte sarebbe toccata contemporaneamente all’ostaggio britannico, Haines. La Cnn ha fatto invece notare che l’esecuzione potrebbe essere avvenuta qualche giorno fa, visto che – rispetto all’altro video – nelle immagini diffuse oggi, Sotloff aveva la barba più lunga.
Le reazioni
Un atto terrificante”: così la portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Jennifer Psaki, ha commentato la notizia. “Disgustoso e spregevole”, sono state invece le parole del premier britannico David Cameron. “Di fronte a un atto tanto raccapricciante, ci è sempre più chiaro quale sia la frontiera, quella della democrazia contro la barbarie”, ha sottolineato Matteo Renzi nella sua qualità di presidente di turno dell’Unione europea. Giornalista esperto di Medio Oriente, Sotloff da anni si occupava di Medio Oriente per testate come il settimanale Time, Foreign Policy, World Affairs, Cnn e Fox News. Era stato in molti teatri di guerra e zone a rischio – dalla Libia all’Egitto, ma anche Bahrain e Turchia – e parlava been l’arabo. Lo scorso anno si trovava in Siria, nel bel mezzo della guerra tra ribelli e regime di Bashar Assad, quando è finito in mano all’Is. Nell’area intanto la situazione diventa giorno dopo giorno più drammatica. In Iraq ieri è stato preso d’assalto il parlamento mentre in Siria prende corpo l’ipotesi di inviare contingenti dei caschi blu. Forze di interposizione in un Paese distrutto dalla guerra civile. Con un mostro, l’Is, in casa.