Tutto ruota attorno a un grande equivoco: prima delle urne tutti erano pronti a mettere in guardia davanti al pericolo che l’estrema destra arrivasse al potere. E ora, invece, pare che gli stessi siano convinti del cambio di paradigma della stessa Giorgia Meloni: da populista a pragmatica, da vicina agli ambienti di destra a filo-atlantista. È una narrazione, questa, che sembra quasi che in Italia vada per la maggiore. Quasi come se la stampa si fosse “melonizzata”. Per carità, non è la prima volta che le grosse galassie dell’informazione diventino d’improvviso accondiscendenti col potente di turno.
Ad accorgersene, però, non siamo noi nel nostro Paese, quanto cronisti ed editorialisti esteri. Che un giorno sì e l’altro pure dedicano inchiostro e carta al nostro governo. Uno degli interventi più piccati, a luglio, è stato quello di David Broder, che su Giorgia Meloni ha scritto anche un libro – Mussolini’s Grandchildren – oltre che un urticante editoriale sul New York Times dal titolo piuttosto eloquente: “What’s Happening in Italy Is Scary, and It’s Spreading;”. Tradotto: “Quel che accade in Italia è spaventoso, e dilaga”.
Il ragionamento di Broder è molto chiaro: “Lodata per la sua praticità e il suo sostegno all’Ucraina, la Meloni si è affermata come partner occidentale affidabile, centrale sia per le riunioni del Gruppo dei 7 che per i vertici della Nato”, scrive l’editorialista. Eppure “l’amministrazione della signora Meloni ha trascorso i suoi primi mesi accusando le minoranze di minare la triade di Dio, patria e famiglia, con terribili conseguenze pratiche per migranti, Ong e genitori dello stesso sesso. Gli sforzi per indebolire la legislazione anti-tortura, ammucchiare l’emittente pubblica con i lealisti e riscrivere la Costituzione italiana del dopoguerra per aumentare il potere esecutivo sono altrettanto preoccupanti. Il governo della Meloni non è solo nativista, ma ha anche una forte vena autoritaria”.
Parole, queste, che forse nessuno in Italia ha osato scrivere o pronunciare. Ma il ragionamento di Broder si spinge ancora oltre. Perché quello che accade in Italia ha delle ripercussioni anche oltreconfine: “Mostra come l’estrema destra possa abbattere barriere storiche con il centrodestra”.
TeleMeloni, dagli Usa alla Spagna
Un ragionamento, questo, che non si è fatto solo negli Stati Uniti, ma anche in Spagna. Daniel Verdú, che è il corrispondente di El País, nei giorni delle elezioni spagnole lo ha anche denunciato pubblicamente: “Certo che è curioso, il Corriere chiama ultradestra Vox, ma non Meloni. L’ultradestra è sempre quella degli altri!”. Dettagli, a quanto pare. Al di là delle precisazioni (che sarebbero dovute), in Italia pare si voglia far finta di nulla. E così si accetta di tutto. Anche che la presidente del Consiglio non organizzi conferenze stampa per presentare i provvedimenti. E che i giornali – anche quelli più titolati – pubblichino lettere integrali proprio a quei leader che invece sono restii a farsi intervistare.
Non a caso, mentre Verdú evidenzia, come detto, le scelte di campo semantiche – l’estrema destra che in Italia viene presentata come moderata, conservatrice o “centrista” – Jacopo Barigazzi di Politico Europe lancia l’allerta proprio sulla mancanza di dialogo. Il 12 agosto Barigazzi da Bruxelles è arrivato a rivolgersi direttamente – su Twitter – al Corriere, come ricordava qualche giorno fa Domani: “Caro Corriere, potresti per favore smetterla di pubblicare lettere di Meloni, che molto raramente accetta interviste? Lasciare che il potere tratti i giornali come una casella di posta non aiuta la democrazia”.
Interviste fotocopia
Risultato? Passano solo pochi giorni e i principali quotidiani italiani – Corriere, Repubblica, La Stampa – pubblicano tre interviste fotocopia alla presidente del Consiglio. Tre interviste che evidentemente sono state concordate, le cui domande sono state decise preventivamente e che magari è stata realizzata per iscritto dal responsabile comunicazione delle premier. Cosa vuol dire tutto questo? Che non c’è stato alcun contraddittorio. E che tutte le domande più scomode non sono state fatte. E anche se sono state fatte, la possibilità di rispondere per iscritto consente di ragionare, soppesare, mediare. Insomma, tutto ciò che non dovrebbe accadere durante un’intervista.
E a rimetterci, evidentemente, è stata anche la premier. Interviste di questo tipo non possono non far pensare che qualche domanda “scomoda” magari sia stata cancellata, cassata, sbianchettata. Ovviamente i protagonisti diranno che questo non è accaduto, ma il dubbio – legittimo – non può che restare. E, seconda cosa, è un danno per la premier stessa perché gli unici che accettano di fare interviste in questo modo sono ovviamente solo coloro che devono nascondere qualcosa o che non vogliono emerga qualcosa di sconveniente. Quale delle due?
TeleMeloni senza ritegno
Non che poi in televisione vada diversamente. Se sulla stampa finiscono le lettere-monologo, sulla tv pubblica dell’era Meloni capita che vada in onda mezz’ora di video preconfezionato. La messa in onda – senza intermediazione giornalistica – di 27 minuti di “Appunti di Giorgia” ha scatenato la protesta del comitato di redazione di RaiNews24. Ma è solo uno degli ultimi casi. Basta consultare i puntuali e mensili report stilati dall’Agcom per rendersi conto del peso che ha oggi la Meloni soprattutto sulle reti Rai. E non solo. L’ultimo dossier (che copre il periodo 1 – 30 giugno) ci dice che la Meloni è indiscutibilmente il personaggio politico più presente in Tv su tutte le reti televisive, da Rai1 a Italia1.
Sempre al primo posto. Con distacchi in alcuni casi sovietici. Curioso, per dire, il caso del Tg1. La Meloni ha avuto diritto di parola nei telegiornali della prima rete per 22 minuti e rotti. Al secondo posto c’è Sergio Mattarella (14 minuti), seguito poi da Antonio Tajani (11 minuti), e Silvio Berlusconi (10 minuti). Per trovare un personaggio dell’opposizione – nella fattispecie Elly Schlein – bisogna scendere alla sesta posizione con soltanto 7 minuti e rotti. Non cambia la musica al Tg2, con la premier presente per ben 25 minuti contro gli 11 della Schlein. Il caso più emblematico, però, riguarda ancora RaiNews24. La premier ha avuto copertura per la bellezza di 3 ore e 5 minuti. Al secondo posto troviamo ancora Mattarella ma con 1 ora e 11 minuti. E questo vale per i Tg. E per i programmi extra-Tg? Stessa musica: su RaiNews la premier è prima con altre 2 ore e 21 minuti (il secondo ha avuto “solo” 40 minuti di spazio).