Di Maurizio Grosso
La regola è stata messa, ma è ancora troppo elastica. Ne sanno qualcosa alla Rai, dove la polemica degli stipendi pazzi non è certo dell’ultima ora. Il fatto è che a Viale Mazzini, così come in altri centri istituzionali, ci sono ancora troppe zone che sfuggono al nuovo tetto dei 240 mila euro l’anno imposto dal governo di Matteo Renzi ai dipendenti pubblici. Il tema è ritornato prepotentemente in auge in queste settimane di campagna acquisti tra emittenti tv. Si pensi, su tutti, al caso di Massimo Giannini, il vicedirettore di Repubblica che si appresta a condurre Ballarò sui Rai3 al posto di Giovanni Floris (nel frattempo passato a La7). Ebbene, secondo i rumors più insistenti Giannini dovrebbe portarsi a casa uno stipendio lordo annuo che oscillerebbe tra i 400 e i 450 mila euro. Ben più, quindi, del famoso tetto dei 240 mila euro (che poi altro non è se non l’emolumento del presidente della repubblica)
Il contesto
Per carità, corrispondere 400-450 mila euro l’anno a Giannini è del tutto legittimo, però il suo caso è tra quelli che esulano dall’applicazione del fatidico limite. Il fatto è che all’interno dell’apparato statale sono ancora troppe le isole “felici” dove si può continuare a prendere tranquillamente uno stipendio più elevato del tetto. Tra le situazioni che più danno nell’occhio c’è quella del governatore e del direttorio della Banca d’Italia. Ancora oggi Ignazio Visco intasca 495 mila euro l’anno, il direttore generale di palazzo Koch, Salvatore Rossi, ne prende 450 mila e i membri del direttorio 315 mila. Certo, c’è la questione dell’autonomia di palazzo Koch che non può essere incisa da provvedimenti parlamentari. Ma è uno dei tanti casi in cui gli stipendi risultano legittimamente fuori soglia.
Gli altri
Stesso andazzo per la Corte costituzionale. In questo caso fa premio il fatto che parliamo di un organo costituzionale, rispetto al quale governo e parlamento hanno al massimo un potere di moral suasion. Il presidente della Consulta, da pochi giorni Giuseppe Tesauro, è accreditato di un emolumento annuo lordo di 550 mila euro. Gli altri giudici della Consulta, tra cui oggi figurano vecchie volpi della politica come Sergio Mattarella e Giuliano Amato, si “fermano” a 467 mila. Per non parlare del caso degli alti funzionari di Camera e Senato. Si prenda l’inamovibile Ugo Zampetti, eterno segeratrio generale di Montecitorio, forte di un lordo annuo di 406 mila euro (che si rivaluta del 2,5% ogni biennio). Qui va detto che la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha imposto anche ai suoi dipendenti il tetto di 240 milla. Se così fosse, Zampini dovrebbe domezzare il “tesoretto”.