di Carlotta Scozzari
Brutta notizia per gli analisti di Mediobanca: la vagheggiata “bad bank” dove fare confluire le sofferenze delle banche al momento non sembra destinata a vedere la luce. In uno studio sugli istituti di credito che porta la data dell’11 marzo, gli esperti dell’ufficio studi di Piazzetta Cuccia, infatti, auspicavano la nascita di una nuova società, la cosiddetta bad bank, che potesse raccogliere le attività problematiche in pancia agli istituti di credito, in primis i crediti in sofferenza (quelli cioè per i quali le probabilità di un recupero sono minori). Secondo i calcoli di Mediobanca Securities, alle banche italiane servirebbero circa 21 miliardi di euro a copertura dei crediti di dubbia esigibilità.
Non solo: stando a indiscrezioni, da qualche mese a questa parte, circolerebbe un progetto firmato proprio da Mediobanca e finalizzato a raccogliere gli asset problematici degli istituti di credito. Un piano che naturalmente non sarebbe stato messo a punto dagli analisti di Piazzetta Cuccia ma dai suoi vertici, sebbene questo progetto, a differenza di quello suggerito dall’ufficio studi, dovrebbe essere finanziato da privati (gli analisti di Mediobanca indicano invece il ricorso a denaro pubblico). Sembra inoltre che, almeno in passato, a studiare un piano dove far confluire le attività problematiche sia stata anche Banca Imi. Per le banche d’affari, insomma, è evidente che si tratterebbe di un business che, grazie all’attività di consulenza, potrebbe fruttare un po’ di denaro in tempi di crisi.
Tuttavia, almeno per il momento, gli operatori che avevano sognato di far soldi con la nascita della bad bank sembrano destinati ad accantonare le proprie velleità. Innanzi tutto, perché l’Associazione bancaria italiana (Abi), tramite sia il proprio presidente Antonio Patuelli sia il direttore generale Giovanni Sabatini, ha bocciato l’idea. In secondo luogo, non depongono certamente in direzione della nascita di una bad bank le parole pronunciate due giorni fa dal consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah, che ha fatto sapere che non si è mai parlato di un’ipotesi di questo tipo per le banche commerciali. “I banchieri – osserva un analista specializzato nel settore del credito che preferisce mantenere l’anonimato – hanno accolto in maniera molto tiepida l’iniziativa della creazione di una bad bank e anche i vertici degli istituti che presentano più criticità sui crediti problematici hanno fatto sapere che preferiscono muoversi in maniera autonoma”. “Le banche – chiarisce un’altra analista – sembrano preferire l’opzione di mantenere al proprio interno le sofferenze piuttosto che cederle all’esterno e questo significa che c’è evidentemente un buon margine di recupero sulle stesse o comunque che la situazione non presenta una gravità tale da giustificare la nascita di una bad bank”. Detto questo, complice la non semplice fase economico-finanziaria in corso, l’esperta si attende che la qualità del credito continui a peggiorare almeno ancora per tutto il 2013.
Del resto, il quadro tratteggiato proprio ieri dalla Banca d’Italia – che proprio nei mesi scorsi ha avviato ispezioni trasversali sulle banche mettendo nel mirino le partite problematiche – non è certo dei più rosei. In una nota diffusa ieri, l’authority di via Nazionale ha fatto sapere che l’incidenza media sui crediti del complesso delle attività finanziarie deteriorate (esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, esposizioni ristrutturate, incagli, sofferenze) è passato, per l’insieme delle banche domestiche, dal 4,5% della fine del 2007 al 12,2% al 30 settembre scorso.