La verità oramai inconfutabile sul Pnrr è che i ritardi che si sono accumulati rendono impossibile il rispetto della scadenza del 2026 per portarlo a casa. Dopo i numeri forniti dalla Corte dei Conti – ritardi per un progetto su due e pagamenti arrivati solo al 70% alle imprese – anche il ministro Raffaele Fitto è capitolato. E ha ammesso che no, l’orizzonte temporale del Piano è troppo corto perché tutti gli obiettivi possano essere realizzati fra tre anni.
I ritardi che si sono accumulati rendono impossibile il rispetto della scadenza del 2026 per portare a casa il Pnrr
L’altra verità è lo scaricabarile indecente sulle responsabilità dei ritardi cui si sta assistendo tra il governo attuale e quello che lo ha preceduto. Un esito a dir il vero non imprevedibile e che già si era profilato ad ottobre dello scorso anno. Quando sul Pnrr si consumò uno scontro a distanza tra Giorgia Meloni e Mario Draghi. Con la prima che parlò di ritardi “evidenti e difficili da recuperare”.
Nessun ritardo, rispose l’ex banchiere e anzi una tabella di marcia pure più rapida di quanto preventivato, proprio per agevolare il governo che verrà. Ma la verità è che il governo Conte ha portato a casa 209 miliardi di euro, Draghi che avrebbe dovuto mettere a terra il Piano lo ha messo praticamente sotto terra e l’esecutivo della Meloni lo sta affossando ancora di più.
Il cortocircuito di tutto questo è evidente appunto nello scaricabarile indegno cui, come dicevamo sopra, stiamo assistendo. L’ammissione di Fitto sull’impossibilità di raggiungere gli obiettivi del Pnrr entro il 2026 è arrivata all’indomani del nuovo rinvio di un mese del verdetto europeo sui 55 obiettivi del secondo semestre del 2022 che danno diritto alla terza rata da 19 miliardi.
L’Ue in pratica ha acceso un faro su tre diverse misure previste tra gli obiettivi che l’Italia doveva conseguire entro dicembre: le norme sulle concessioni aeroportuali, le reti di teleriscaldamento e due progetti all’interno dei piani urbani integrati, ovvero la riqualificazione dello stadio di Firenze e la creazione del Bosco dello Sport a Venezia. L’Italia sconta pure le conseguenze della scelta fatta dal Governo Draghi e dall’allora ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, di precarizzare tutto il personale di professionisti dedicato ai piani del Pnrr assunti con contratti a termine.
Ebbene, appresa la notizia, il governo Meloni si è precipitato con una nota a spiegare che le misure erano state approvate dall’esecutivo Draghi. Ieri Fitto ha ribadito che “sono questioni evidentemente che riguardano il precedente governo per il semplice fatto che noi ci siamo insediati a fine ottobre”. Fitto omette però di replicare sui ritardi che invece sono da addebitare al governo di cui fa parte.
Openpolis ha rilevato che alla fine del primo trimestre di quest’anno, cioè il 31 marzo, il nostro Paese dovrebbe conseguire 12 scadenze di rilevanza europea. Ma che, al 16 marzo, nessuna scadenza risultava completata. Senza contare che per il secondo trimestre 2023 ci saranno altre 15 nuove scadenze da raggiungere. Vanno all’attacco le opposizioni. Il Pd ha chiesto una informativa urgente del ministro Fitto sui ritardi.
Il M5S contro il capolavoro dei competenti. Conte: “Non va sprecato neanche un euro”
“Non un solo euro del Pnrr va sprecato. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alla memoria dei nostri morti” a causa della pandemia da Covid, “lo dobbiamo alla credibilità del Paese rispetto all’investimento di fiducia che ha fatto l’Europa nei nostri confronti”, dice il leader M5S, Giuseppe Conte. “Il tema – avverte – è di importanza strategica, sono soldi di tutti i cittadini, non di Conte, Draghi o Meloni. Chiediamo al governo il massimo senso di responsabilità: non si butta la polvere sotto il tappeto. Il ritardo si era già accumulato con Draghi e questo governo fa finta ora di scoprirlo”.