È arrivato a Roma l’ultimo cardinale che parteciperà al Conclave, il vietnamita Jean-Baptiste Pham Minh Man. Adesso ci sono dunque tutti i 115 cardinali elettori, il che significa che sarà possibile fissare una data per il Conclave. “Forse domani voteremo la data del Conclave”, ha annunciato Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, uscendo dalla sesta congregazione generale in bicicletta, rispondendo a chi gli chiedeva se fosse stata decisa dai porporati la data d’inizio del Conclave. Il cardinale ha aggiunto che il Conclave potrebbe partire tranquillamente lunedì o al più tardi martedì.
Intanto c’è malumore nell’entourage dei cardinali statunitensi dopo la richiesta, giunta soprattutto da alcuni autorevoli esponenti della Curia, di sospendere i brefing pomeridiani durante i quali, a turno, ciascuno dei presuli Usa ragionava con i giornalisti sui temi legati alla Chiesa e all’elezione del nuovo Papa. “In realtà – spiegano alcuni collaboratori dei cardinali statunitensi – non c’è, così come avviene invece per i lavori del Conclave, un obbligo di giuramento sulla segretezza riguardo a quanto avviene all’interno delle Congregazioni generali. Inoltre, durante le chiacchierate con i media, non sono stati mai riferiti episodi o interventi precisi riferibili alle Congregazioni, ma si sono affrontati invece ragionamenti e riflessioni relative all’attuale momento della Chiesa”.
Un analogo sconcerto, inoltre, si registrerebbe in queste ore nelle diocesi statunitensi dove, si precisa ancora, “ci si interroga perché, mentre i cardinali americani che parlano alla luce del sole e in una conferenza stampa, senza fare peraltro rivelazioni, vengono invitati a tacere, una cosa analoga non avviene invece con chi, rappresentando la realtà europea e soprattutto italiana della Chiesa, da giorni fa uscire sui mezzi di informazione, e in maniera anonima, notizie riservate”. Va comunque precisato che, proprio questa mattina, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, aveva negato qualsiasi critica ufficile nei confronti dei prelati statunitensi: “No ho mai detto nulla di negativo sui cardinali americani e i loro briefing – ha spiegato Lombardi -. Semplicemente mi sembra che il Collegio stia maturando una linea e un comportamento di riservatezza per garantire la piena libertà di ciascuno e penso che tutti i cardinali si siano collocati in questa linea”.
Ma il ‘caso statunitense’ sta prendendo piede, oltreoceno, anche sulla stampa americana. “I cardinali americani si ritirano dietro un muro di silenzio”, ha titolato il Wall Street Journal, mentre il New York Times ha scritto: “Promessa di segreto e fuga di notizie complicano l’interazione dei cardinali con i media”. I commenti più forti, infine, sono apparsi sul Los Angeles Times con parole che sembrano ricalcare i ragionamenti di chi, a Roma, lavora a stretto contatto proprio con il gruppo del cardinali statunitensi: “Il tentativo dei cardinali americani di portare un tocco di trasparenza al processo di scelta del prossimo Papa – si legge – è stato fermato mercoledì a seguito delle lamentele dei colleghi prelati che partecipano agli incontri pre-Conclave. Senza rompere la loro promessa di mantenere il segreto sul contenuto degli incontri, gli americani avevano tenuto briefing quotidiani per fornire ai giornalisti il background che sta dietro la selezione del nuovo Pontefice. Gli incontri con la stampa erano una fonte ben accolta di informazione e un tentativo di maggiore apertura in contrasto con la tendenza del Vaticano alla segretezza”.
Il quotidiano di Los Angeles, infine, tira in ballo esplicitamente proprio il comportamento dei prelati italiani: “Secondo un esperto di Vaticano – si legge ancora – il tentativo degli americani di seguire le regole di riservatezza provando contemporaneamente a dare quanta più trasparenza possibile al Conclave è stato punito anche se le vere fughe di notizie provenivano da cardinali italiani. ‘Sono stati attaccati’, ha detto Thomas Reese, scrittore e prete gesuita, ‘agli americani viene attribuita la responsabilità delle notizie filtrate sulla stampa italiana. Sembra quasi uno scherzo: in realtà sono gli italiani che fanno filtrare le notizie ai giornalisti un po’ per volta’”.