di Astrid Nausicaa Maragò
Per colpa dello “spread di diritti” rispetto al resto d’Europa, sempre più italiani varcano i confini nazionali per divorziare, abortire, procreare e infine anche per morire. Ogni anno in Italia sono circa mille i malati terminali che ricorrono al suicidio per porre fine alle proprie sofferenze. Altri mille, secondo quanto riportato dall’Associazione Coscioni, tentano il suicidio, e dei circa 90mila pazienti terminali che muoiono ogni anno nel nostro paese, più del 60% fanno ricorso all’eutanasia praticata dai medici clandestinamente. Una trentina di cittadini italiani, poi, si recano in Svizzera per andare incontro alla cosiddetta “dolce morte”, sottraendosi così a una fine dolorosa. Sono spesso costretti a esalare l’ultimo respiro lontani dai loro affetti familiari, perchè nel nostro paese è vietata l’eutanasia, e quindi il suicidio assistito, in tutte le sue forme. Mentre all’estero la situazione normativa è differente. In Svizzera, Belgio, Olanda e Lussemburgo sono infatti legali sia la pratica del suicidio medicalmente assistito, sia l’eutanasia “attiva”, ottenuta per via farmacologica. In Svezia e Germania è consentita dalla legge solo l’interruzione delle cure, quindi la cosiddetta “eutanasia passiva”, mentre in Francia la legge è più restrittiva ma permette comunque il ricorso alla procedura di “sedazione terminale” nei confronti dei pazienti costretti a una lunga agonia o soggetti a estreme sofferenze e dolori.
Per eludere la lacuna normativa sul fine vita e sul testamento biologico, molte persone scelgono di spegnersi lontano dalla loro casa, tra il silenzio e l’indifferenza dei media che non sembrano ancora pronti – come accade per altri temi eticamente sensibili – a infrangere il tabù. E’ il caso di Piera Franchini, malata terminale di cancro al fegato, che ha realizzato un video a testimonianza del suo ultimo viaggio, che si è concluso lo scorso 29 novembre in una clinica Svizzera dove era stata accompagnata da Marco Cappato. Il video è stato reso pubblico ieri, in occasione della presentazione della campagna “EutanaSia le- gale” promossa dall’Associazione Coscioni. L’obiettivo è quello di porre fine al triste fenomeno del “turismo della dolce morte” e ottenere che sia garantito per legge anche in Italia il diritto all’autodeterminazione, che sia posta una disciplina precisa sul testamento biologico, e che l’eutanasia diventi legale. La campagna di mobilitazione nazionale, sostenuta dai Radicali Italiani e da molte associazioni, è volta a raccogliere le firme per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare sul “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”. Si richiede quindi allo Stato di costruire e tener in vita un sistema che possa raccogliere e documentare la volontà dei cittadini e che allo stesso tempo imponga ai medici l’obbligo di rispettarla.
Uno dei primi firmatari della proposta è stato Umberto Veronesi, e come lui anche molte altre personalità del mondo della cultura, dell’informazione e dello spettacolo hanno deciso di supportare la causa, che al momento ha superato la quota delle 9500 firme (comuni esclusi) sulle 50mila necessarie perché possa arrivare in Parlamento.