Di Valerio Rossi
Per una truffa allo Stato di circa 100milioni Fabio Riva, figlio dell’ex patron dell’Ilva Emilio (morto qualche tempo fa), è stato condannato a 6 anni e sei mesi di carcere. E non è tutto. Perché i giudici della terza sezione del Tribunale di Milano hanno inflitto alla Riva Fire una sanzione amministrativa di 1,5milioni di euro per la violazione della 231/2001 responsabilità amministrativa delle società, ndr), all’esclusione dai contributi pubblici per un anno e alla revoca di quelli già concessi da Simest (Società italiana per le imprese all’estero). Condannato a 5 anni di reclusione, poi, l’ex presidente della finanziaria elvetica Eufintrade, Alfredo Lomonaco, e a tre anni l’allora consigliere delegato di Ilva Sa, Agostino Alberti. Per i tre condannati è stato disposta anche l’interdizione dai pubblici uffici: perpetua per Riva e Lomonaco, per cinque anni quella di Alberti. Una batosta andata ben oltre le aspettative quella inflitta a Riva, anche perché il pubblico ministero aveva chiesto oltre un anno in meno. La truffa riscontrata dai giudici ha evidenziato la costruzione di una società in Svizzera, l’Ilva Sa; un meccanismo che sarebbe stato creato per aggirare la legge “Ossola”, e quindi la normativa sull’erogazione dei contributi pubblici per le aziende che esportano all’estero. Riva Fire dovrà pagare anche una provvisionale al ministero per lo Sviluppo economico, che si era costituito parte civile, di 15 milioni.
Siderurgico allo stremo
Ma quale sarà il futuro dell’azienda? Proprio ieri il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, è intervenuta per provare a fornire delle rassicurazioni. Sull’azienda di Taranto avrebbe messo gli occhi “Arcelor Mittal”, e almeno altre 4-5 manifestazioni d’interesse. “C’è un nuovo commissario dal quattro giugno che ha l’esigenza primaria di mettere in sicurezza la liquidità dell’azienda”, ha spiegato la Guidi, “Successivamente, oltre all’importanza della salvaguardia ambientale, bisogna proiettare l’azienda verso una nuova compagine azionaria perché siamo convinti che l’Ilva possa stare sul mercato, che abbia ancora capacità per eccellere anche dal punto di vista della produttività, e che sia un impianto importante non solo per l’Italia ma anche per l’Europa”. Ma una cosa ha sottolinato il ministro: “Tutto il comparto siderurgico sta soffrendo una crisi di sovraccapacità a livello europeo e non solo italiano”.
Emergenza ambientale
Se da una parte il ministro prova a infondere fiducia, contemporaneamente è arriovato il duro ammonimento di Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente alla Camera: “Siamo in una situazione di pericoloso stallo. E siamo molto distanti dalla piena applicazione di provvedimenti approvati dal parlamento, che prevedevano azioni parallele sul fronte del risanamento ambientale dell’Ilva e della continuità produttiva dell’impianto”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della regione Puglia, Nichi Vendola: “Dopo due anni (proprio il 26 luglio del 2012 scoppiò l’inchiesta giudiziaria di Taranto) siamo al punto di partenza, il piano ambientale è bloccato e non si sa dove prendere quel miliardo e 800 milioni necessario”. E presto arriverà un nuovo commissario.