I numeri dell’epidemia di Coronavirus in Italia – 83.049 contagiati e 13.950 vittime secondo l’ultimo aggiornamento fornito ieri dalla Protezione civile -, stanno facendo discutere molto la comunità scientifica e gli esperti di curve e statistiche, in particolare il dato dei decessi. Secondo le analisi che sta compiendo l’Istituto superiore di Sanità, su ogni singolo caso (qui lo studio), al momento solo 19 decessi su 909 valutati sono stati causati solo dal Covid-19, gli altri 470 pazienti (pari al 51,7%) presentavano 3 o più patologie pregresse. Ma non è tutto.
I dati sui certificati di morte per malattie respiratorie, ha spiegato dalle colonne di Avvenire il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo (nella foto), mostrano che “nel marzo 2019 sono state 15.189 e l’anno prima erano state 16.220”. “Incidentalmente – spiega Blangiardo – si rileva che sono più del corrispondente numero di decessi per Covid (12.352) dichiarati nel marzo 2020”. L’Istat sta lavorando su questo fronte e dedicherà al Coronavirus un’indagine statistica su “un campione molto ampio e rappresentativo della popolazione” con l’obiettivo di analizzare, con procedure sanitarie (tamponi ed esami del sangue), l’evoluzione del cosiddetto “effetto gregge”.
Per quanto riguarda i decessi, tra i dati forniti dal Dipartimento della Protezione civile e quelli dell’Iss, c’è una grande discrepanza anche a parere del virologo, già candidato al Nobel, Giulio Tarro che al sito coronablues.org (qui l’intervista), lanciato da un gruppo di ricercatori europei, ha spiegato che alla fine, come è accaduto in Cina, anche in Italia si passerà da un tasso di mortalità del 2% a meno dell’1%. “I dati diffusi sulla mortalità in queste settimane – ha aggiunto Tarro – hanno creato una sindrome da panico che certo non fa bene al nostro sistema immunitario. La percentuale di mortalità va calcolata sul numero dei contagiati e non dei ricoverati”.