Una giornata impegnativa quella di ieri per il premier Mario Draghi, che prima dell’incontro con le Regioni e della conferenza stampa ha ricevuto a Palazzo Chigi in mattinata l’esponente di Leu Pierluigi Bersani e poi, nel pomeriggio il leader della Lega Matteo Salvini, in pratica lo zenith e il nadir di quell’ampia ed eterogenea maggioranza che appoggia l’esecutivo. Al centro di entrambe i colloqui la situazione epidemiologica e le prospettive di sostegno e di ripresa economica del Paese ma, appunto, da due visioni opposte.
Inevitabile, poi, che l’ex segretario Pd portasse a Draghi le sue rimostranze per il trattamento riservato dal segretario leghista al il ministro della Salute Roberto Speranza: “Non si può fare propaganda scaricando le tensioni su chi ha il compito di tutelare la salute”, il senso del ragionamento di Bersani, a cui proprio non sono andati giù gli attacchi continui all’esponente del suo partito e l’accusa di voler chiudere per una posizione ideologica, perché “vede tutto rosso”.
E su questo trova sponda nel premier che, in serata in conferenza stampa lancia un chiaro messaggio al leader leghista: “Speranza è stata una mia scelta e ne ho stima”. Lapidario. Il discorso viene in ogni caso inserito da Bersani in un quadro di riferimento più ampio: la necessità di “aggiustare il percorso rispetto ad alcune difficoltà politiche legate all’anomalia” nella composizione del governo, anomalia si sostanzia nel fatto che c’è chi sta al governo “facendo due parti in commedia”. Ovvero Salvini che “prima dice sì e poi fa opposizione da fuori”. Il riferimento è al doppio binario: con i ministri del Carroccio che, mentre il loro leader attacca (“tenere gli italiani chiusi dopo Pasqua sarebbe un sequestro di persona”, una delle sue ultime esternazioni), votano tutte i provvedimenti.
Da parte sua, peraltro, Salvini ha ribadito anche ieri al premier, nell’incontro che ha definito “molto utile e costruttivo”, che la sua priorità sono le riaperture e che se i dati miglioreranno, a metà aprile, “chiederemo un decreto per il ritorno alla normalità”. E torna ad attaccare Speranza: “Se la scienza vale per chiudere vale anche per riaprire, se per qualche ministro esiste solo il rosso non è un problema scientifico ma politico”. è più forte di lui. Ovviamente anche sulle ricette economiche l’esponente di Leu e il leghista hanno visioni differenti: Bersani ha chiesto che si aumentino i sostegni alle imprese rispetto ai costi fissi e quanto al blocco dei licenziamenti ha chiesto di prorogarlo fino a quando non sarà a buon punto la campagna vaccinale e non ci saranno ammortizzatori sociali adeguati.
Salvini invece si sbilancia sui numeri: il nuovo decreto Sostegni è “da approvare entro aprile: quello di cui ha bisogno l’Italia è un decreto imponente con almeno 50 miliardi di scostamento di bilancio”, e ancora: “L’unico vero sostegno alle imprese e alle famiglie italiane è il ritorno al lavoro e il ritorno alla normalità almeno nelle zone italiane considerate gialle. Quindi con una situazione sotto controllo, oggi ad esempio, se valessero le vecchie regole sarebbero almeno sei le regioni italiane fuori dal rischio pandemico”.
Salvini afferma che con il presidente del Consiglio c’è “condivisione sul fatto che le riaperture vanno fatte in base ai dati” ma in conferenza stampa Draghi, sebbene si dica “consapevole” del senso di smarrimento e disperazione di chi è stato costretto a chiudere, afferma di voler “ripartire ma ripartire in sicurezza”, e in ogni caso la data, che Salvini chiede a gran voce, Draghi non l’ha fornita. “Speriamo il 2 giugno, magari anche prima chi lo sa, afferma in riferimento alla data buttata lì dal ministro del Turismo Garavaglia nel corso di un talk tv.