Ci ha provato fino alla fine il leader della Lega Matteo Salvini ad alzare la posta per tentare il colpaccio: far capitolare il premier Mario Draghi sull’orario del coprifuoco, ultima battaglia fra quelle che il Capitano oramai si intesta ogni giorno. Come se fosse all’opposizione e dovesse necessariamente puntellare l’esecutivo per esistere e resistere.
Lo schiaffo di Draghi al Capitano
Perché di questo si tratta: Salvini è sempre più isolato sia dentro al suo partito che nella coalizione di centrodestra, dove Forza Italia gioca la sua partita e ancor di più lo fa FdI – che all’opposizione ci sta davvero – con Giorgia Meloni sempre più avanti nei sondaggi e nel gradimento degli italiani. I ministri leghisti alla fine hanno deciso di astenersi e non votare il provvedimento sulle riaperture licenziato ieri dal Cdm così come aveva annunciato il segretario federale parlando con i giornalisti nel pomeriggio. Il coprifuoco va spostato alle 23 altrimenti la Lega non voterà il decreto perché, aveva sottolineato, “Non me l’ha prescritto il dottore di votare per forza qualcosa di cui non sono convinto”.
Posizione poi ribadita in una diretta Facebook successiva alla riunione dei ministri. “La Lega chiede di dare fiducia agli italiani che hanno dimostrato per un anno pazienza e rispetto delle regole. Non potevamo votare un decreto che continua a imporre chiusure, coprifuoco, limitazioni – argomenta Salvini -. I dati sanitari fortunatamente sono in netto miglioramento: negli ultimi giorni sono migliaia i letti di ospedale che si sono liberati. Con rigidi protocolli di sicurezza, con prudenza e mantenendo le distanze, si può anzi si deve tornare a vivere e lavorare al chiuso e all’aperto. Voteremo il prossimo decreto se insieme al piano vaccinale e alla tutela della salute prevederà il ritorno alla vita e il ritorno al lavoro”.
Ok al decreto senza il voto della Lega
La posizione di Salvini da capopopolo della protesta di piazza – sono giorni che cavalca ovviamente anche le manifestazioni dei ristoratori – ha trovato sulla questione coprifuoco il placet di diversi governatori, dal presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle regioni, il leghista Massimiliano Fedriga (“La Conferenza delle regioni propone, misura assolutamente responsabile, l’ampliamento di un’ora, fino alle 23, per permettere alle attività, nei limiti delle regole, di avere un minimo di respiro”), al veneto Luca Zaia a cui si accoda anche il ligure Giovanni Toti.
Freddezza e imbarazzo, invece, da parte dei ministri della Lega, Giancarlo Giorgetti in testa, che a quanto si apprende sarebbero rimasti perplessi. Salvini, nei fatti, sconfessa la sua delegazione al governo. Questo atteggiamento bivalente del leader leghista starebbe creando più di un malumore anche nello stesso premier Draghi. Insofferente al fatto che la Lega dentro la cabina di regia decida insieme agli altri mentre fuori cavalchi la protesta di piazza. Dopo aver preannunciato via sms le sue perplessità sul decreto Salvini e l’ex numero uno della Bce avrebbero lungamente parlato al telefono e a più riprese. Ma la decisione finale è stata in ogni caso quella annunciata già la scorsa settimana: niente slittamento dell’orario.
Respinti tutti i diktat di Salvini
“Il coprifuoco evoca brutte cose, in tutti noi c’è la volontà di superarlo, ma ci vuole gradualità per non consentire al virus di ripartire – spiega il ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini. – Abbiamo proposto le ore 22 perché abbiamo ascoltato il Cts. Il governo è fiducioso che i comportamenti corretti ci porteranno a passare dalle 22 alle 23, poi alle 24 per poi toglierlo. Ma non mi sento di dare tempi”. Sulla levata di scudi del partito guidato da Matteo Salvini sul coprifuoco e sul via libera a locali e ristoranti dal 26 aprile ma solo all’aperto e non al chiuso, tranchant il giudizio che trapela dalle parti del Nazareno.
“Il Pd sostiene la linea molta chiara di aperture sì ma con gradualità perché l’importante è ripartire in sicurezza in modo irreversibile. L’atteggiamento ondivago di Salvini che prima rivendica il decreto come frutto delle pressioni della Lega e poi ne prende le distanze è irresponsabile. E frutto delle sue difficoltà anche all’interno del centrodestra”. Caustico anche il il capogruppo alla Camera di LeU, Federico Fornaro: “Salvini da alcuni giorni ha continuato ad alzare l’asticella delle riaperture. Ed è apparso più preoccupato della competizione nei sondaggi con la Meloni che della solidità della compagine di governo. Con l’astensione la Lega mina la credibilità del Governo. A chi giova tutto ciò? Non certo agli italiani”.