Un patto tra Italia e Germania per una cooperazione sempre più stretta. Nel segno dell’europeismo duro e puro. Questo è il messaggio che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha consegnato al neo-cancelliere tedesco, Olaf Scholz, durante il vertice di ieri (leggi l’articolo) organizzato a Roma. Ma chissà se il numero uno del governo di Berlino sia consapevole del fatto che l’Italia continua a essere europeista solo sulla carta. Perché, dati alla mano, continua a collezionare infrazioni.
IL CONTENSIOSO. Nell’ultimo aggiornamento di dicembre, infatti, il numero di sanzioni firmate dall’Unione europea è salito a 102, abbattendo la “quota 100” delle infrazioni, una soglia psicologica che non era mai stata superata. Un numero che è oltre tre volte superiore a quello della Danimarca, il Paese più virtuoso, con appena 30 “richiami”. Un record assoluto, dunque, che avvicina l’Italia alla Spagna, sempre prima in materia di sanzioni, con 105 procedure pendenti, in lieve calo (prima era a 107). Anche la Grecia, con 100 infrazioni, è stata messa alle spalle. Questo nonostante il ministero per gli Affari europei, guidato dal dem Vincenzo Amendola e titolare del dossier, ha spinto moltissimo per ridurre drasticamente le procedure aperte.
La realtà è un’altra. Il trend italiano è di continua crescita, con buona pace della presenza del super europeista Draghi a Palazzo Chigi: a fine settembre la cifra era di 97 procedure. A febbraio, mese della nascita del governo, erano “solo” 81. In pochi mesi c’è stato un incremento di 21 infrazioni, in media più di 2 al mese. Così l’Italia è nettamente davanti ai Paesi euroscettici: la Polonia ha 91 “richiami” sul groppone, la Repubblica Ceca 85, mentre l’Ungheria ne conta 60. Impietoso, poi, il raffronto con un altro Paese del Sud Europa, il Portogallo, che si ferma a 72.
La Germania dell’amico Scholz, accolto ieri a Roma, è ferma a 71, 41 in meno rispetto all’Italia. Per fortuna, le procedure non sempre arrivano a sentenza di condanna. Soltanto in quel caso il governo è tenuto infatti a pagare le multe. Finora, comunque, la mancata osservanza delle norme europee – per i casi arrivati al verdetto della Corte – è costata, più o meno, alle casse italiane la bellezza di 752 milioni di euro .
Tra i nuovi addebiti abbattutisi sull’Italia da Bruxelles, c’è quello sulle misure adottate in relazione a Fiat 500X-euro 6 diesel. Dall’Europa contestano la procedura di omologazione del veicolo, che non rispetterebbe le prescrizioni comunitarie. Ma tra le annotazioni figura anche il “mancato recepimento della direttiva, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo”. Un’altra infrazione riguarda invece il “mancato recepimento della direttiva” sulla “vigilanza prudenziale sulle imprese di investimento”.
L’Europa chiede “norme vincolanti per garantire un’efficace supervisione da parte degli organi di gestione delle banche e per migliorare la gestione dei rischi”, per evitare, tra le altre cose, “che le banche concedano ai loro dipendenti bonus che li incoraggino ad assumere rischi eccessivi”. Sempre in materia di trasparenza, infine, l’Italia non ha provveduto al “completo recepimento della direttiva sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali crediti ipotecari”. Una conferma della difficoltà a rispettare i paletti europei, che pesa più di mille affermazioni europeiste.
“Con l’approvazione definitiva della legge europea 2019-2020 – afferma in una nota il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, Enzo Amendola – l’Italia manda a Bruxelles 12 misure che comporteranno la chiusura di altrettante procedure di infrazione. A queste se ne aggiungono ulteriori 26, grazie ai decreti legislativi attuativi della legge di delegazione pubblicati di recente in Gazzetta ufficiale. Ne vanno poi considerate altre quattro, con l’entrata in vigore della nuova Legge di bilancio e di altri decreti. Sono quindi in totale 42 le infrazioni in via di archiviazione che, dopo la valutazione della Commissione, verranno chiuse nel 2022″.
“E’ stato svolto un ottimo lavoro dal Governo e dal Parlamento – commenta ancora Amendola – recuperando il ritardo accumulato anche a causa della fase di emergenza epidemica. Ora dedichiamoci con impegno alla nuova Legge europea e alla Legge di delegazione del prossimo anno. Per questo si deve contare sull’apporto decisivo delle commissioni Affari europei di Camera e Senato, alle quali va il mio ringraziamento, a partire dai presidenti Battelli e Stefano”.