Manca poco ormai per certificare il flop di Mario Draghi sulla tassa sugli extraprofitti. Scadono oggi infatti i tempi supplementari concessi dai Migliori per salvare l’acconto di 4,2 miliardi della tassa sugli extraprofitti che le quasi totalità delle aziende energetiche finora non hanno versato. Il primo acconto era fissato a giugno mentre il secondo è atteso per fine novembre.
Manca poco ormai per certificare il flop di Mario Draghi sulla tassa sugli extraprofitti
Entro oggi le imprese interessate a mettersi in regola hanno la possibilità di pagare sanzioni ultrascontate grazie al ravvedimento operoso. Da domani invece la sanzione raddoppia arrivando al 60%. Dal contributo solidaristico straordinario introdotto a marzo, la cui aliquota poi è stata incrementata a maggio dal 10 al 25%, il Governo si attendeva un gettito pari a oltre 10 miliardi di euro. Ma finora è stato raccolto appena un miliardo.
Ovvero Supermario non solo non è riuscito a persuadere le aziende ma probabilmente ha scritto anche male la norma esponendola a rischi di incostituzionalità. Come dimostra la gragnuola di ricorsi presentati da parte delle imprese energetiche tenute a versare il contributo straordinario. A insinuare il dubbio, o meglio a dirlo esplicitamente, che Draghi abbia toppato anche nel congegno della norma è il leader del M5S, Giuseppe Conte.
“La norma sulla tassazione degli extraprofitti ancora non sta dando frutti, è stata scritta male, va riformulata: quei 9 miliardi servono contro il caro bollette, a favore di famiglie e imprese che sono in forte difficoltà”, dice l’ex premier. Infatti non è un caso che il Governo sia ancora in alto mare – unica certezza la proroga del taglio delle accise su benzina e diesel fino al 5 ottobre– nella messa a terra degli interventi destinati a far rifiatare famiglie e imprese che rischiano di rimanere schiacciate dal caro bollette.
E se il Governo sta temporeggiando il motivo è semplice: la coperta è corta, le risorse disponibili sono esigue e mancano come il pane quei 9 miliardi. Eppure la situazione ha raggiunto livelli di guardia. Gli extra costi causati dall’emergenza energetica ammontano, per le industrie del Nord e Centro Italia, a quasi 40 miliardi di euro.
“L’impatto è devastante con il rischio di deindustrializzazione e minaccia alla sicurezza nazionale”, è l’allarme dei presidenti delle Confindustrie di Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto. Ma ritorniamo al flop della tassa sugli extraprofitti. Fa un certo effetto che ci sia chi come il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, non esclude che si possa ancora alzare l’aliquota della tassa, salire sopra il 25% attuale, considerando la fatica che si sta facendo per incassarla già oggi.
Il partito di Enrico Letta poi si sta sbracciando perché il Governo esiga dalle aziende il rispetto della norma sugli extraprofitti. Ma c’è un esponente dem di peso – come il sindaco di Roma Roberto Gualtieri – che deve fare i conti con la ribellione di Acea. Controllata al 51% dal Comune di Roma, la municipalizzata ha deciso di fare ricorso al Tar contro la norma “ravvisandone elementi di illegittimità, anche costituzionale”. Una situazione alquanto imbarazzante per il Pd.
I circa 15 miliardi previsti decreto Aiuti bis varato all’inizio di agosto non bastano più
Ma i guai per l’esecutivo uscente pare non finiscano più. Il Governo dei Migliori rischia di lasciare al prossimo governo un “buco” col decreto Aiuti bis varato all’inizio di agosto. Il forte rialzo dei prezzi del gas ha cambiato le carte in tavola. I circa 15 miliardi previsti (di cui 14,3 da maggiori entrate) per finanziare quel provvedimento non bastano più. Tanto che il Servizio bilancio del Senato, nella nota di lettura del decreto, richiama più volte il Tesoro alla necessità di verificare la congruità degli stanziamenti alla luce del nuovo scenario. E in alcuni casi, considerando le quotazioni alle stelle dell’elettricità, scrive esplicitamente che i conti non tornano.