Sebbene sia passata quasi in sordina sui grandi giornali, la giornata di ieri ha segnato un nuovo passo in avanti verso un mercato del lavoro più equo in Europa e in Italia. La Commissione Occupazione e Affari sociali del Parlamento Ue, infatti, ha votato la direttiva sul salario minimo (leggi l’articolo). Il documento, su cui gli europarlamentari esprimeranno il voto finale nella seduta plenaria fissata per dicembre, stabilisce tra le altre cose che lo stipendio “di legge” non possa scendere al di sotto del 50% della paga media nazionale. E che questo valga anche per precari, stagionali, stagisti e rider.
Come si legge nel testo, che è passato con 37 voti favorevoli a fronte di dieci giudizi contrari e sette astensioni, il salario minimo non solo deve superare la soglia di dignità stabilita su base nazionale ma, in ogni Stato membro, dovrà essere pari ad almeno il 60% della paga mediana lorda e ad almeno la metà della paga media lorda. Il tutto tenendo conto di un paniere di beni e servizi a prezzi reali, comprensivi di Iva e imposte. Una precisazione che integra in maniera più stringente quanto già stabilito in occasione dell’approvazione, lo scorso febbraio, di una prima relazione sul tema, quando cioè gli eurodeputati avevano fissato come criterio di determinazione la semplice soglia di povertà.
I DETTAGLI DELLA PROPOSTA. A beneficiare della misura dovranno poi essere tutti i lavoratori pubblici e privati, con l’inclusione anche delle categorie considerate a forte rischio come quelle degli stagionali, dei tirocinanti e dei riders. Tra le altre novità, ogni Paese Ue dovrà garantire che almeno l’80% dei lavoratori sia coperto dalla contrattazione collettiva e chi non rientra nei parametri sarà tenuto a presentare un piano biennale soggetto a monitoraggio. Sulla carta, la direttiva dovrebbe aiutare a favorire un sensibile aumento dei salari minimi soprattutto in quegli Stati che utilizzano il dumping salariale e sociale come strumento per alimentare la concorrenza sleale.
CASA ITALIA. Indirettamente la misura dovrebbe rendere più facile l’adozione di un salario minimo orario anche in Italia, uno dei pochi Paesi europei ad esserne sprovvisto. “Questo voto è una grande vittoria per tutti i lavoratori perché vengono fissati nero su bianco i criteri chiave per determinare l’adeguatezza e l’equità dei salari”, ha commentato l’europarlamentare M5S Daniela Rondinelli. Le hanno fatto eco anche i senatori pentastellati della Commissione Lavoro di Palazzo Madama, che hanno detto: “Il nostro Paese è rimasto uno dei pochi in Ue a non avere un limite minimo salariale. È arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti mettendo l’Italia al passo con l’Europa“.
A riguardo molto chiaro è stato anche l’intervento di Giuseppe Conte che, appunto, ha ricordato come al Senato vada avanti “l’iter della proposta del M5S sul salario minimo per aumentare gli stipendi dei lavoratori. Uno strumento che esiste in quasi tutta Europa e non in Italia, il Paese in cui negli ultimi 30 anni i salari si sono abbassati al contrario di quanto avviene altrove”. L’ex premier ha anche ricordato come pure il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia usato parole chiare, richiamando le istituzioni a “combattere” il lavoro mal retribuito e lo sfruttamento. “Noi non abbiamo bisogno di rispondere ‘presente’ a questo appello, perché siamo sempre stati e continueremo ad essere in prima linea”.