Con Draghi a Palazzo Chigi il bengodi delle concessioni autostradali non fa un balzo indietro fino al 2018, prima del crollo del ponte Morandi. Ma molto più in là, fino agli anni novanta. Quando proprio l’attuale premier consegnò la gestione dei caselli a pochi fortunati imprenditori, tra cui in prima fila i Benetton.
Con Draghi a Palazzo Chigi i Benetton si tengono le Autostrade
Draghi all’epoca era il direttore generale del Tesoro, e se in quella stagione diede un tale regalo (i privati ci hanno guadagnato miliardi a fronte delle scarse manutenzioni che sappiamo) oggi non si capisce perché dovrebbe pretendere che l’asset torni nella disponibilità del pubblico, come hanno tentato di assicurare i due governi di di Giuseppe Conte. Nel primo caso ostacolati dalla Lega e nel secondo dal Pd. Fatto sta che la cessione di Autostrade per l’Italia (Aspi), con in pancia ancora molti anni di una concessione assegnata a condizioni di assoluto vantaggio per i privati, era arrivata a un buon punto, con l’offerta di circa nove miliardi presentata dalla Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e alcuni fondi d’investimento. Ma adesso Atlantia – la holding controllata dai Benetton – ha ripreso a frenare con ogni mezzo.
Ieri in una nota il Gruppo ha parlato di condizioni di vendita “invalidanti” imposte dal governo. Secondo Atlantia i termini della proposta di Cdp e dei fondi sono “del tutto insoddisfacenti” viste le valutazioni dell’asset espresse da analisti ed advisor indipendenti. Ovviamente non fanno parte di queste analisi i 43 morti di Genova o i 40 di Avellino. Ma questo ormai sappiamo che per Atlantia è un dettaglio. Anzi, a proposito del ponte Morandi adesso spunta pure l’accusa allo Stato di averlo dato ai concessionari senza una certificazione che ne attestasse la stabilità. Il cavalcavia è caduto, insomma, perché costruito male negli anni ‘60, e non perché nelle intercettazioni telefoniche tra dirigenti di Aspi si sente chiaro che non furono fatti i lavori di consolidamento necessari. È la tesi della fatalità già espressa dagli stessi Benetton, che nonostante le scuse di circostanza, adesso ritorna.
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E ora Atlantia parla di offerta a condizioni invalidanti
Dunque Atlantia continua ad allungare il brodo della trattativa, senza chiudere. Ma precisando di avere risposto alla missiva della controllante Edizione (la holding di Ponzano Veneto), che la invitava a esaminare la proposta ricevuta da Cdp-fondi, ricordando che “tutte le determinazioni del Cda sono state governate dagli inderogabili principi dell’indipendenza di giudizio”. Apparenti sberle all’azionista. Che tace. E quindi acconsente.