di Stefano Sansonetti
Forse ai ministeri dell’economia e dell’istruzione qualcuno può aver pensato di rivolgersi a “Chi la visto?”. Il fatto è che, in perfetto stile italiano, a due anni dall’istituzione nessuno sa più niente della Fondazione per il merito, nata due anni fa per sostenere gli studenti più bravi nel loro percorso universitario. La costituzione c’è stata, ma di fatto la struttura è soltanto una scatola vuota, la cui dotazione principale è lo statuto. Cosa ancor più dolorosa, se solo si pensa che per la sua dotazione finanziaria si ipotizzavano addirittura 100 milioni di euro, parte dei quali finanziati dai privati. Dei quali, in questi due anni, non si è nemmeno vista l’ombra. Come si può agevolmente intuire dal nome, la Fondazione avrebbe dovuto occuparsi di garantire il merito (in un pese che ne ha drammaticamente bisogno) assistendo con prestiti e borse di studio gli studenti più bravi che entrano all’università. Il tutto tramite una procedura di selezione la cui gestione sarebbe spettata allo stesso ente.
Le origini
L’idea venne a metà 2011, in un decreto sviluppo approvato dal governo allora guidato da Silvio Berlusconi. In base al provvedimento, il dl 70 del 2011, i due fondatori sono il ministero dell’economia, oggi guidato da Fabrizio Saccomanni, e quello dell’Istruzione e Università, ora in mano a Maria Chiara Carrozza. Il progetto era stato fondamentalmente lanciato da Mariastella Gelmini, senza però essere smentito apertamente dal successivo ministro Francesco Profumo (governo Monti). Nessuno, compresi gli attuali inquilini ministeriali, sembra però avere la più pallida idea di cosa farsene.
Il piano
Eppure nel corso del tempo se ne sono scritte e dette di tutti i colori. Per il solo 2011, tanto per dirne una, era stata autorizzata una spesa di 9 milioni di euro, più un milione per ciascuno degli anni a seguire. Nelle schede di presentazione utilizzate all’epoca dal Miur per illustrare le potenzialità della Fondazione, si può leggere ancora oggi che l’ipotesi di base era quella di una dotazione iniziale di 100 milioni di euro. Cifra con la quale si calcolava di poter finanziare 2 mila-2.500 prestiti all’anno per i 5 ani di studio universitario degli studenti fuori sede. Sin troppo amaro constatare che tutto questo è rimasto lettera morta.
Il tentativo di rianimazione (fallito)
Durante il recente cammino parlamentare del decreto del Fare, predisposto dal governo guidato da Enrico Letta, un emendamento del Pd aveva provato a trasferire alla Fondazione 240 milioni di euro. Peccato che le risorse sarebbero state pescate dalle quote premiali per gli atenei contenute nel Ffo (il Fondo di finanziamento ordinario dell’Università). Naturalmente l’idea ha subito fatto scattare le proteste degli atenei, che certo non sguazzano nell’oro e che ovviamente non avevano nessuna intenzione di perdere altri soldi dopo anni di tagli a non finire.
Il ministero fa scena muta
La Notizia, ieri, ha chiesto al Miur se la Fondazione abbia almeno qualcuno che se ne occupi, se ci siano delle idee su come recuperarla o se per caso non sia meglio chiuderla, visto che così è solo un costo. Più volte sollecitato, il ministero guidato adesso dalla Carrozza non ha fatto pervenire nessuna risposta.