Dove c’è un possibile seggio, c’è Carlo Calenda. E se poi si intravede l’occasione di indossare la maschera di provocatore contro il centrosinistra, allora la tentazione diventa quasi irrefrenabile. Il fondatore di Azione, insomma, non riesce a proprio resistere quando si tratta di creare grattacapi al Partito democratico. L’ultima tentazione è quella di competere per le suppletive del collegio Roma-1, alla Camera, lasciato vuoto da Roberto Gualtieri, neo sindaco di Roma.
CARLO STAI SERENO. Ma per Calenda non si tratta solo di smania di visibilità, materia su cui l’ex ministro del governo Renzi si mostra molto preparato; lui punta a riproporre un genere politico tutto suo, quello della candidatura per dispetto nei confronti del centrosinistra nell’ottica anti-Movimento 5 Stelle. L’ipotesi di andare a caccia del seggio a Montecitorio è immaginata come una strategia per mettere il bastone tra le ruote a Giuseppe Conte, considerato un arcinemico politico (leggi l’articolo).
Peccato per lui che il presidente M5S abbia declinato l’offerta e non correrà il prossimo 16 gennaio, per il posto alla Camera con il supporto del Pd. Una manovra, quella di Calenda, per seminare zizzania tra l’avvocato del popolo e il segretario del Pd, Enrico Letta, che con la candidatura di Conte puntava a rinsaldare l’alleanza con i 5S anche per il futuro. Un affronto intollerabile per Calenda, che proprio ora vuole realizzare il suo sogno proibito: spaccare l’asse tra M5S e dem.
L’intenzione è di mettere alle strette proprio Letta e portarlo ad accettare una coalizione che guardi al centro. Senza Movimento. Ma che il leader di Azione voglia stare al centro della scena è storia nota. La sua candidatura a sindaco di Roma ha rappresentato un raro esempio, quasi mirabile per certi versi, di ostinazione. I dem hanno cercato di convincerlo, chiedendogli addirittura di partecipare alle primarie e vedere chi riusciva ad avere più voti.
Lui non ha voluto sentir ragioni: ambiva a ritagliarsi uno spazio politico per acquisire maggior peso. Così si è presentato da solo, pur nella consapevolezza di non poter vincere. La certezza era, però, un’altra: creare grattacapi a Gualtieri, quindi al Pd, continuando a sparare ad alzo zero nei confronti del M5S. Un’autentica passione. Per capire la passione verso Roma, in un primo momento aveva annunciato di volersi dimettere da consigliere comunale, salvo ripensarci sull’onda dell’indignazione popolare.
LUNGO CURRICULUM. A Roma non è stata certo la prima volta che ha scelto di andare contro il centrosinistra: alle Regionali in Puglia del 2020 ha sostenuto Ivan Scalfarotto, candidato di Italia viva. L’obiettivo non era quello di vincere, ma di contrastare il presidente uscente di centrosinistra, Michele Emiliano. Il risultato è stato un magro 1,6%, ma poco contava. L’importante era provare lo sgambetto al Pd. E dire che proprio quel partito, all’epoca della leadership di Nicola Zingaretti, gli ha messo a disposizione un posto in prima classe per farlo atterrare nell’Europarlamento.
Nel simbolo fu inserito il nome di “Siamo europei”, il movimento lanciato proprio da Calenda. Così, sotto le insegne dei dem, ha fatto incetta di consensi, conquistando meritoriamente il seggio. Dopo poco, però, ha deciso di andare via, fondando Azione. Il motivo? La nascita del Conte bis che sanciva l’alleanza tra Zingaretti e Conte. Ora torna alla carica contro l’asse giallorosso. Ma sarebbe bello se prima di correre per la Camera desse un segnale: dimettersi dall’Europarlamento.